Per ricordare chi è “SuperMario” basta prendere qualche cronaca degli anni post “Grande Recessione”, seguita al crollo di Wall Street 2008, per ritrovarci il famoso “bazooka di Draghi”, con il quale il nostro più famoso banchiere ha reso possibile anche in Europa quel “Quantitative Easing” (facilitazione quantitativa, nel collocamento di debito pubblico) con il quale le Banche Centrali di tutto il mondo potevano “alleggerire” le difficoltà dei loro governi nel trovare acquirenti, a tassi ragionevoli, dei propri titoli di Debito Pubblico.

L’Italia, col suo enorme Debito Pubblico e con tassi da pagare persino superiori all’otto per cento, era più che mai in affanno. Il “crack” finanziario poteva travolgere noi e l’Europa in qualsiasi momento, ma Mario Draghi ha costretto i “falchi” europei (gli speculatori nord-europei, più dei tedeschi) a moderare il loro “appetito” togliendoci dall’esigenza di collocare nel mercato quote importanti dei nostri titoli (acquistati dalla Bce) e consentendoci quindi di superare quella fase senza grandi patemi. Poi è arrivato il famoso “We’ll do whatever it takes … ecc” (faremo tutto quello che occorre…) col quale (previo consenso dell’Esecutivo europeo) ha definitivamente stoppato anche gli attacchi della speculazione internazionale.

Adesso citiamo quella frase come se fosse una “parola magica”, ma è ben altro! E’ il risultato di un lavoro capace, tenace e appropriato durato più di un decennio, non l’azzardo di un temerario sul tavolo da gioco in una notte fortunata!

Nel campo bancario e finanziario, lo hanno capito e apprezzato tutti, in quello politico no. Purtroppo da noi (in Italia) molti leader politici pensano oggi alla politica e alle istituzioni solo come a poltrone da conquistare, o mantenere (come abbiamo tristemente visto in molti leader durante questo delicatissimo passaggio istituzionale). Col vantaggio ottenuto dall’uso ultradecennale di leggi orribili ricamate proprio a questo scopo (prima il “Porcellum”, poi il “Rosatellum”), ormai l’elettore non è più impegnato a condividere un ideale, ma semplicemente a mettere una crocetta su una scheda per eleggere qualcuno che, di solito, nemmeno conosce e che non avrà mai occasione di sentire o incontrare. Che tutto questo sia un insulto alla Democrazia (oltre che agli stessi elettori) risulta evidente, ma i nostri leader fanno finta di non vedere.

Tuttavia il giudizio molto positivo che do qui sopra sul lavoro svolto dal Draghi “tecnico” stride molto con quello che do sul desiderio di Draghi di essere scelto per l’incarico al Quirinale. Nel mio post del 14 dicembre gli preferisco Rosy Bindi. In quello del 24 dicembre, “Draghi, un ‘nonno’ che risponde da banchiere può fare molto per l’Italia rimanendo dov’è”, sono persino un po’ “acido”. Ma poi ritorno l’8 gennaio per spiegare meglio che un banchiere deve fare solo gli interessi dei suoi azionisti, mentre un Capo dello Stato deve fare il “Guardiano della Costituzione” e l’interesse di tutti i cittadini, quindi con interessi completamente ribaltati verso la base, non verso l’azionariato.

E’ però vero che i banchieri “centrali” hanno un compito molto diverso da quello dei colleghi delle banche ordinarie. Loro si devono di solito preoccupare degli scambi monetari e della disoccupazione (nella Bce solo gli scambi monetari, però). Quindi come banchiere centrale ha già avuto molti contatti non solo con altri banchieri, ma anche con molti capi di Stato, e di riflesso con qualche interesse un po’ più vicino a quelli della gente comune.

Comunque, nella sua attuale posizione esecutiva di Capo del Governo, Draghi ha già avuto un grande “assaggio” di quanto pesano le diversità di queste incombenze. Doverle gestire “possibilmente senza scontentare nessuno” è la cosa più difficile da fare. Quella cui deve necessariamente abituarsi il più presto possibile perché nel Capo dello Stato, ma anche come capo del Governo in buona misura, è praticamente indispensabile questa qualità (salvo fare come faceva Trump o come fanno i dittatori).

E poi, proprio nell’immediato, bisogna cominciare a gestire la montagna di miliardi di euro del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) in arrivo dall’Europa. Draghi è certamente il nostro “tecnico” con tutti i requisiti necessari a una gestione equilibrata, competente e riservata dell’immensa somma impegnata, che però è soggetta a regole ferree e, in parte, anche un debito che si dovrà restituire.

Draghi ha già tutti i numeri tecnici e molte esperienze utili a realizzare quella sua legittima ambizione di svolgere la mansione di Capo dello Stato. Gli manca però ancora la piena consuetudine di operare a livello politico. Ormai non potrà più ignorare o dimenticare che alla prossima occasione saranno ancora quei chiassosi e pretenziosi “sconsiderati” parlamentari ad avere il potere di realizzare il suo sogno, ma se farà un buon lavoro nei prossimi anni come Capo del Governo il suo ingresso come inquilino nel Quirinale se lo sarà pienamente meritato.

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