Ilva, l’altoforno 1 sequestrato senza facoltà d’uso dopo l’incendio

C’è un nuovo guaio per l’Ilva di Taranto. L’altoforno 1 è stato sequestrato senza facoltà d’uso dopo l’incendio scoppiato mercoledì mattina a causa della rottura di una tubiera del campo di colata. L’incidente non ha provocato feriti, ma ha sprigionato nell’aria una nube nera di gas coke visibile da chilometri di distanza. Con questa decisione della procura di Taranto, necessaria per verificare cosa è accaduto ed evitare nuovi e più gravi episodi, all’interno dell’acciaieria resta in marcia solo l’Afo 4 con un inevitabile impatto anche sui livelli produttivi e nel medio periodo anche sotto il profilo occupazionale. Secondo fonti sindacali, i circa 70 lavoratori addetti all’impianto sono stati ricollocati temporaneamente alla formazione.
Ripartito a ottobre dopo un lungo fermo – da agosto 2023 – legato a lavori di manutenzione, l’altoforno sforna circa la metà dell’acciaio prodotto dallo stabilimento tarantino. A inaugurare la ripartenza era stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che sarà a Taranto sabato prossimo. L’incendio di mercoledì ha provocato – per stessa ammissione di Acciaierie d’Italia, attuale gestore dell’impianto – un’emissione non controllata in atmosfera, causata “da un’anomalia improvvisa a un elemento del sistema di raffreddamento dell’impianto”, ha spiegato l’azienda.
Nella tubiera numero 11 è saltato in aria uno dei 27 ugelli per l’insufflaggio di vento caldo all’interno dell’altoforno e a quel punto si è verificata la fuoriuscita di coke, che ha raggiunto il piano delle tubiere e l’area sottostante. Un anno fa stessa era accaduto un incidente simile all’Afo 4 ma con danni più limitati. Ora è scattata l’inchiesta della procura tarantina – con il pubblico ministero Francesco Ciardo – che ha notificato il decreto di sequestro – che dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari – attraverso gli investigatori dello Spesal. Il reato ipotizzato è di omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose.
L’incidente “ripropone in modo drammatico la questione della sicurezza sui luoghi di lavoro: solo per un caso fortuito non ci sono stati lavoratori coinvolti, ma l’entità dello scoppio e dell’incendio poteva avere gravissime conseguenze. In attesa di conoscere i risultati dei rilievi ambientali prontamente avviati dagli organi competenti, ritengo necessario che si eviti di far pagare le conseguenze dell’incidente ai lavoratori e alla comunità”, ha detto il segretario generale della Uilm Rocco Palombella.
“Ci aspettiamo l’immediata azione dei commissari per il ripristino degli impianti e garantire la totale sicurezza. Alla luce di quello che si è verificato chiediamo tempi certi e garanzie sul processo di vendita in corso, che dura ormai da diversi mesi, e sulla realizzazione dei forni elettrici per la decarbonizzazione”, ha aggiunto chiedendo un “incontro urgente” con gli stessi commissari e il ministro Urso per “individuare provvedimenti straordinari per salvaguardare tutti i lavoratori, le comunità interessate, l’ambiente e un’economia distrutta negli anni”.
A prendere posizione c’è anche la Fiom-Cgil che paventa “possibili ripercussioni” sulla vendita dello stabilimento e ricorda la messa in mora dell’Italia da parte della Commissione Ue per il mancato rispetto delle disposizioni della direttiva sugli inquirenti: “Ribadiamo che serve chiarezza sul futuro di ex Ilva e sul processo di transizione ecologica che deve avvenire attraverso la decarbonizzazione. In un clima di sfiducia e incertezza per il futuro dell’ex Ilva è necessario aprire un tavolo permanente a Palazzo Chigi per programmare il futuro ambientale, occupazionale e industriale del gruppo siderurgico”, dicono Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia, e Francesco Brigati, segretario generale tarantino.