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Cronaca

Ultimo aggiornamento: 19:34 del 14 Marzo

Querelò un comico perché la definì “puzzona”: “Meloni mi ha chiesto un risarcimento di 20mila euro, mossa vigliacca contro il diritto di satira”

Lo stand up comedian ha denunciato via social quanto accaduto: l'episodio risale al 2021 e gli epiteti utilizzati come esempio erano "buffi e infantili"
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Una querela per aver definito Giorgia Meloni, durante un monologo satirico, “puzzona” e “caccolosa“. Il comico Daniele Fabbri ha denunciato sui social di essere stato querelato dalla premier per un episodio del 2021, quando Meloni non era ancora presidente del Consiglio: in una puntata del suo podcast satirico “Contiene Parolacce“, Fabbri, racconta lui stesso, stigmatizzando gli insulti sessisti e maschilisti rivolti da un docente universitario alla leader di FdI, faceva degli esempi di parole “non discriminatorie e sessiste” che però, visto il “normale bisogno” di sfogarsi, “danno comunque soddisfazioni”. Fabbri nel podcast spiegava anche il significato di alcune parole “alternative”. Epiteti, denuncia ancora nel video, che, visto il tenore comico del video “erano buffi, infantili“. Parole, insomma, che “non offendono più nessuno, neanche in quinta elementare” ma che evidentemente hanno colpito la premier, tanto da spingerla a querelare Fabbri, per “le gravi offese che le hanno causato profondi strascichi sulla psiche”.

Come ricostruisce Domani, l’episodio risale al 2021, ma la querela è stata notificata nell’estate del 2023 e resa nota solo oggi. Fabbri, rinviato a giudizio, spiega infatti che ora la premier, inizialmente seguita nella querela da Andrea Del Mastro Delle Vedove, ora sottosegretario, ha rincarato la dose, costituendosi parte civile e chiedendo un risarcimento danni di 20mila euro.

“Con tutte le cose che ci stanno da fare pensavo sarebbe decaduta”, aggiunge Fabbri che parla di “querela intimidatoria”. “È gravissimo perché se non si può dire neanche ‘puzzona’ perché sennò ti querela non le puoi dire più nulla – spiega – E poi un capo di governo che se la prende con un artista indipendente fa una mossa vigliacca. È molto comodo schiacciare il pesce piccolo sperando di crearsi facilmente un precedente con cui poi attaccare il diritto di satira garantito dalla Costituzione”. Un diritto che, sottolinea ancora il comico, non è tanto per tutelare i comici ma i cittadini: “La censura non serve a impedire a noi di fare satira, ma ai cittadini di ascoltarla”.

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