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Chiara Ferragni “tradita” dal socio Pasquale Morgese: “Ha votato contro il piano per salvare le sue società, non vede prospettive. Lei ormai è tutt’altro che attraente per la moda”

Fenice, la società titolare dei marchi di Chiara Ferragni, ha approvato un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro per mettere in sicurezza l'attività dopo le polemiche del 'pandoro gate'

di Francesco Canino
Chiara Ferragni “tradita” dal socio Pasquale Morgese: “Ha votato contro il piano per salvare le sue società, non vede prospettive. Lei ormai è tutt’altro che attraente per la moda”

Ora è ufficiale: c’è il via libera all’aumento di capitale di Fenice, la società titolare dei marchi di Chiara Ferragni. Non è stato un lunedì facile quello che ieri ha vissuto l’influencer, alle prese con due passaggi chiave per il futuro delle sue aziende: l’approvazione del bilancio 2023 – “in enorme ritardo” – e il semaforo verde ad un aumento di capitale pari a 6,4 milioni di euro, indispensabile per mettere in ordine i conti squassati dal “pandoro gate” e dal conseguente crollo reputazionale che nell’ultimo anno e mezzo ha travolto la vita e i business della Ferragni.

Un’iniezione da 6,4 milioni per mettere in sicurezza “l’impero Ferragni”
“Salvataggio”, “messa in sicurezza”. Sono questi i termini più utilizzati dai quotidiani questa mattina per sintetizzare quanto accaduto nell’assemblea convocata ieri dall’amministratore unico di Fenice, Claudio Calabi, insediatosi a novembre. Come si legge nella nota ufficiale, “Sisterhood, la holding di Chiara Ferragni, informa che con il voto favorevole di Sisterhood e di Alchimia, ha deliberato, fra l’altro, la ricostituzione del capitale sociale di Fenice, nei termini proposti dall’amministratore unico Claudio Calabi”. In particolare “Sisterhood è pronta a sottoscrivere l’aumento di capitale in proporzione alla quota dalla stessa detenuta ed eventualmente anche per la parte di aumento che non fosse sottoscritta dagli altri soci, onde consentire a Fenice di proseguire con successo la propria attività”. Per mettere in sicurezza la società e tentare il rilancio, sono stati messi sul piatto 6,4 milioni di euro.

Le perdite ammontano a 10 milioni
Ma qual è lo stato di salute del bilancio di Fenice? Stando alle indiscrezioni, visto che i dati non sono di dominio pubblico in quanto la società non è quotata in Borsa, i numeri sono impietosi: i ricavi nel 2023 hanno raggiunto i 12 milioni di euro (in contrazione rispetto al picco dei 14,3 milioni del 2022), ma l’esercizio del 2024 sarebbe stato chiuso con una cifra al di sotto dei 2 milioni, cumulando nel biennio perdite fino a 10,2 milioni. Tutta colpa dell’“effetto valanga” innescato dal “pandoro gate” e dalle inchieste che si sono abbattute sulla Ferragni. Ora, stando a quanto riporta il Corriere della Sera, “con il via libera all’aumento di capitale le perdite possono essere ripianate: la società può ora contare su 200 mila euro di capitale”. Insomma, a quattro mesi dal suo insediamento come amministratore unico di Fenice, “Claudio Calabi ha mandato in porto il piano per puntellare la società che ora può ripartire”.

Il socio Pasquale Morgese ha votato contro
Come già emerso alla vigilia dell’assemblea di ieri, convocata proprio per “varare un’urgente ricapitalizzazione”, il clima tra i soci era piuttosto teso. In particolare, Pasquale Morgese, imprenditore pugliese del settore delle calzature che detiene il 27,5% delle quote di Fenice, avrebbe espresso le sue perplessità circa “la mancanza effettiva di continuità aziendale”. Tradotto, “non si vedono prospettive per Fenice il cui unico asset è il marchio Chiara Ferragni, tutt’altro che attraente oggi per i grandi player della moda”. Non ha dunque stupito gli analisti il suo voto contrario alla ricapitalizzazione e contro il bilancio, approvati coi voti della Ferragni (attraverso la holding Sisterhood che detiene il 32,5% delle quote) e di Alchimia di Paolo Barletta, che possiede l’altro 40%. Stando a quanto riporta il Corriere della Sera, Morgese, già socio di lungo corso della Ferragni, “si sarebbe riservato di impugnare sia il bilancio che le delibere assembleari relative alla ricapitalizzazione”.

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