Un caso che ha creato scalpore tanto che La Repubblica Milano ha acceso il faro sulla famiglia di Alia Bibi e suo figlio Essa, che ha sei anni e soffre di una grave disabilità che non gli consente di essere autonomo né di spostarsi con le proprie gambe. La famiglia, originaria del Pakistan, vive al quinto piano, ma ad Alia è negato l’accesso all’ascensore per portare su il figlio non perché non funziona: “Ma perché non abbiamo potuto pagare le spese di manutenzione, quindi per noi è vietato. Condomini e amministratori ci ignorano”. Così ogni giorno Alia prende in braccio il figlio e sale su per le scale.
La famiglia abita in viale Monte Ceneri a Milano e ad ogni piano è segnalato con un cartello che l’ascensore più essere usato solo dai condomini che hanno pagato la manutenzione. Una condizione difficile dal momento che la donna deve occuparsi di giorno e di notte per il sostentamento del figlio, mentre il marito lavora come rider. Una condizione precaria che impedisce così a marito e moglie di poter sostenere le spese condominiali. I soldi vanno tutti per l’affitto di mille euro al mese.
Ma tutti rimangono indifferenti davanti a questa incresciosa situazione? Non proprio. Addirittura la scuola dove studia il piccolo Essa, la Rinnovata Pizzigoni, che ha provato a sensibilizzare i condomini sul tema della disabilità. “È profondamente ingiusto. Noi abbiamo messo a disposizione della famiglia il pulmino per poter consentire a Essa di venire a scuola. – ha detto la preside della scuola – Ma la madre non può continuare a portare il figlio su e giù dalle scale. Vorremmo offrire una quota per pagare l’uso dell’ascensore almeno per quelle due volte al giorno per consentire a Essa di frequentare la scuola. Ma non ci hanno mai risposto”.
Si è mossa la politica, il consigliere comunale del Pd e avvocato Alessandro Giungi, ha rivolto un appello all’amministratore e ai condomini affinché possano consentire al piccolo Essa e alla madre di poter agevolmente usare l’ascensore fino al quinto piano. Per ora, incredibilmente, tutto tace.