Moda e Stile

Manichini che ricordano i cadaveri di Gaza, Zara ritira la campagna pubblicitaria dopo le polemiche: “Rammaricati, foto scattate a settembre”

“Una scena morbosa”, dicono in molti sui social facendo parallelismi con i recenti scatti dei morti palestinesi nella Striscia di Gaza

di F. Q.

L’anno scorso toccò a Balenciaga, ora a Zara. Il colosso del fast fashion è stato costretto a ritirare la sua ultima campagna pubblicitaria dopo le accuse di ”prendere in giro i palestinesi” vittime dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. A scatenare le polemiche sono state le immagini a firma di Tim Walker che ritraggono la top model Kristen McMenamy che posa tra macerie e manichini senza arti avvolti in sacchi bianchi: “Una scena morbosa”, dicono in molti sui social facendo parallelismi con i recenti scatti dei morti palestinesi nella Striscia di Gaza. E ancora, c’è chi denuncia un “simbolismo inaccettabile”, incitando a boicottare i capi di abbigliamento del marchio spagnolo tanto che l’hashtag #BoycottZara è entrato nelle scorse ore nei tending topic sui social media, con decine di migliaia di post da parte di utenti che accusano Zara di insensibilità e mancanza di rispetto nei confronti delle vittime del conflitto in corso tra Israele e Hamas.

La campagna, parte della collezione “Atelier” e incentrata sulla presentazione della linea “04 The Jacket”, era nelle intenzioni del brand un focus sulla giacca, “un pilastro del guardaroba” interpretato in diversi stili. Le foto di Tim Walker vedevano la modella Kristen McMenamy posare tra macerie, statue raffiguranti corpi umani e manichini avvolti in pellicole trasparenti o teli simili a sudari: messe a confronto con le immagini che arrivano da Gaza, appaiono inappropriatamente troppo simili ed evocative.

Da qui la decisione di Zara di rimuovere le immagini, arrivata proprio poche ore dopo il lancio: Inditex, il gruppo proprietario del marchio, si è subito scusato in una nota, spiegando che la campagna era stata concepita a luglio e le foto scattate a settembre, ben prima che si verificassero gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele e la guerra che ne è conseguita. “La campagna, ideata a luglio e fotografata a settembre, presenta una serie di immagini di sculture non finite nello studio di uno scultore ed è stata creata con l’obiettivo di presentare capi di abbigliamento realizzati a mano in un contesto artistico – si legge nella nota pubblicata sull’account Instagram di Zara -. Purtroppo alcuni clienti si sono sentiti offesi da queste immagini e vedevano in loro qualcosa di molto lontano da ciò che si intendeva“. Pertanto, Zara si rammarica di questa incomprensione e “ribadisce il suo profondo rispetto per tutti”.

Questa spiegazione, tuttavia, non è riuscita a placare la rabbia online, alimentando la discussione su dove tracciare la linea tra espressione artistica e sensibilità su tematiche d’attualità o geopolitiche particolarmente delicate. La questione si era già posta, appunto, un anno fa, quando la casa di alta moda francese Balenciaga fu accusata di pedopornografia per la sua campagna pubblicitaria natalizia con bambini accostati a giocattoli ambigui che evocavano pratiche fetish. All’epoca l’ondata di proteste fu tale che anche Kim Kardashian, testimonial del brand, si dissociò e condannò la trovata del designer Demna Gvasalia.

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