Moda e Stile

Così adesso Google suggerisce i “dupe” dei prodotti di lusso: ecco di cosa si tratta e come funziona. Il trend che spopola su TikTok

Componenti fondamentali per incuriosire i clienti sono l'emulazione dello stile, del colore e del packaging da parte dei prodotti "dupe", che devono essere sempre più fedeli a quelli "originali"

di Andrea Bressan

La Generazione Z sta cambiando gli assetti del mercato di abbigliamento ed accessori. Secondo uno studio di Global Blue, nel Quadrilatero della Moda di Milano sono proprio i giovani della Gen Z e i Millenial i principali acquirenti di beni di lusso. Tra agosto e ottobre di quest’anno lo scontrino medio dei clienti delle boutique griffate tra i 18 e i 40 anni si aggira intorno ai 3 mila euro, cifra che supera del 20% gli stessi mesi nel 2019. Non solo: sempre dai dati, emerge che gli acquirenti tra i 18 e i 40 anni rappresentano più della metà dei consumatori di tutta la città di Milano. Neanche a dirlo, i social giocano un ruolo cruciale nell’indirizzare i loro gusti e, visti i prezzi smpre più proibitivi dei brand di moda, si sta facendo largo la corrente dei “dupe“, ovvero una gamma di prodotti molto simili a quelli dei grandi marchi.

Su TikTok sta spopolando la moda di trovare accessori che ne possano emulare altri molto più costosi, ottenendo un risultato finale apparentemente uguale. E’ il caso del make-up ad esempio, con centinaia di influencer che mostrano l’effetto di due prodotti, uno griffato e l’altro low cost: testati entrambi, emergono pochissime differenze tra di loro. Questa è l’onda che si sta cavalcando con i “dupe”, con moltissimi giovani che preferiscono di gran lunga puntare sulla quantità, comprando i prodotti di tendenza in quel momento ma risparmiando sull’autenticità (e spesso anche sulla qualità). Perché spendere molti soldi per un prodotto al quale ‘non ne verrebbe riconosciuta appieno la qualità’?, è il loro motto.

Questi acquisti alternativi stanno apparentemente abbassando la soglia di differenza tra i prestigiosi brand e i rivenditori ‘accessibili a tutti’. Componenti fondamentali per incuriosire i clienti sono l’emulazione dello stile, del colore e del packaging da parte dei prodotti “dupe”, che devono essere sempre più fedeli a quelli ‘originali‘. Insomma, delle copie belle e buone. Nonostante possa rappresentare un fenomeno alla lunga senza rivali, la scarsa qualità dei “falsi” finisce poi per deludere gli acquirenti: secondo un sondaggio condotto da Trustpilot su un campione di 3000 persone tra Millennial e Generazione Z tra Stati Uniti, Italia e Inghilterra, il 49% degli compratori di “dupe” si è detto deluso dalla performance della merce (e

Sospiro di sollievo che possono quindi tirare i grandi marchi che momentaneamente non vedono ancora minacciare il proprio mercato redditizio, nonostante sempre più ragazzi stiano acquistando in maniera crescente a basso costo. I motivi della scelta sono senz’altro di natura economica ma anche legati alla narrazione che si cela dietro ad un prodotto. Spesso infatti, viene raccontato che l’abbigliamento a prezzi inferiori sia composto da materiali riciclabili, non inquinanti. Anche se non è sempre così. Una testimonianza arriva direttamente dalla linea lanciata da Kim Kardashian che si presenta come sostenibile quando in realtà utilizza in molti casi tessuti composti da fibre sintetiche, responsabili della formazione di microplastiche.

Infine, anche l’ultimo aggiornamento di Google pare ‘strizzare l’occhio’ ai “dupe”. Nella nuova versione della piattaforma, se si effettua la ricerca con Google Lens caricando l’immagine di un prodotto griffato, ecco che nei risultati compaiono con molta più frequenza dei prodotti non originali (e a basso costo), con lo scopo di permettere al potenziale consumatore di scegliere in maniera maggiormente consapevole su cosa investire.

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