Mercoledì nuovo round sul ring europeo tra Italia e resto dei paesi Ue. A Bruxelles è in programma la riunione Eurogruppo, vertice dei ministri economico finanziari dell’area euro, a cui il nostro paese si presenta di nuovo come l’unico a non aver ancora ratificato la riforma del Mes, il meccanismo salva stati, bloccando così l’entrata in vigore. Sulla ratifica “stiamo seguendo attentamente il processo in Italia” e “siamo pienamente fiduciosi che l’Italia stia facendo del suo meglio per mantenere i propri impegni e tenerci informati man mano”, ha affermato oggi un alto funzionario europeo. L’altro tema caldo è la riforma del Patto di Stabilità. La stessa fonte nega che tra le due cose ci sia un qualche collegamento ma è piuttosto evidente come l’Italia stia cercando di giocare su due tavoli per portare a casa un risultato almeno su quello più importante, e destinato ad avere maggiore effetto sulle politiche del governo, ovvero il Patto. “Tecnicamente non c’è alcun collegamento” tra la riforma del Patto di stabilità e la ratifica del Mes, nonostante la revisione del trattato del Mes “in certa misura faccia riferimento alle regole fisiche nella sua applicazione”. “Le autorità italiane vedono un legame politico tra i due, questo è un loro giudizio”, afferma lo stesso funzionario.

“Sarà inevitabile avere degli elementi di transizione”, aggiunge, il prossimo anno e fino a quando “non avremo le regole pienamente incorporate in ogni aspetto del processo”. Un periodo di transizione è auspicato da Roma in quanto darebbe un po’ di tempo in più prima che i vincoli dell’accordo su deficit e debito entrino pienamente in vigore. La discussione continua a riguardare gli elementi che devono essere inclusi nel conteggio dei disavanzi. In particolare gli investimenti in transizione verde e finanziati con i prestitoi del Pnrr. L’Italia e altri paesi, tra cui la Francia, sono favorevoli ad un’esclusione. Germania e “satelliti”, propensi ad un approccio più severo sui vincoli di bilancio. “Se le regole a livello europee penalizzano gli investimenti, li considerano una spesa da limitare e censurare, diventa difficile non solo realizzare opere ferroviarie e stradali ma competere a livello globale sulla transizione energetica e digitale”, ha detto lunedì il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che poi ha rincarato “In Europa c’è una pericolosa involuzione burocratica, una specie di bolla incapace di dare risposte a problemi nuovi posti dalle sfide globali”.

Sulla possibilità di un protratto periodo di transizione domenica scorsa il commissario Ue Paolo Gentiloni è stato piuttosto categorico. Con la sospensione delle regole del Patto di stabilità “non andremo oltre il 2023. L’obiettivo che tutti i Paesi membri si debbono porre è di raggiungere nelle prossime settimane un’intesa politica sulle nuove regole di bilancio. Se la raggiungiamo, poi la creatività per creare o immaginare periodi transitori” verso l’adozione delle nuove norme “penso sia infinita negli uffici di Bruxelles”, ha sottolineato. Gentiloni ha ribadito che senza un’intesa politica tra i governi sul nuovo Patto di stabilità “la risposta” da parte di Bruxelles “comunque non sarà un altro anno di sospensione delle regole”.

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