Cultura

Torna visibile una parte degli spettacolari Autoritratti degli Uffizi. Ma non tutto convince (come le pareti colorate di rosa)

di Marco Ferri

Saranno circa 370. Ovvero 150 di meno di quelli che rendevano esclusiva e unica al mondo la promenade all’interno del Corridoio Vasariano, a Firenze. Tornano visibili gli Autoritratti degli Uffizi, collezione unica e di antiche origini che da sola rappresenta una parte cospicua del patrimonio storico artistico del museo fiorentino. Una raccolta che tutti invidiano all’Italia, ma che da sei anni e mezzo era diventata invisibile, a causa della chiusura del Corridoio Vasariano che necessitava della riapertura delle uscite di sicurezza che nel XVIII secolo esistevano, ma che col tempo erano state chiuse, tamponate, ignorate.

Esclusi alcuni dipinti di particolare rilevanza e di grande richiesta, i 520 Autoritratti che stavano nel Vasariano erano stati rimossi e custoditi nel deposito della Galleria, in attesa di tempi migliori. Per quasi 400 esemplari adesso è finalmente tornato il momento di farsi ammirare. Ma non più lungo il Corridore che collegava in maniera segreta e “aerea” Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti, bensì all’interno dell’edificio vasariano degli Uffizi, in particolare al piano nobile, dove nella seconda metà del Cinquecento Cosimo I de’ Medici volle che vi fossero riunite le 16 magistrature fiorentine.

Non è ancora nota la lista degli Autoritratti che troveranno spazio nelle 13 sale che fino a qualche anno fa ospitavano le grandi mostre temporanee degli Uffizi, ma è certo che fra di essi vi saranno gli Autoritratti dei fratelli Gaddi – tra i quali Taddeo, l’architetto che progettò e costruì l’attuale Ponte Vecchio – e di Giorgio Vasari, colui che su richiesta del duca Cosimo I progettò e fece realizzare in soli sei mesi (!) il Corridoio Vasariano.

Fuori dalla Galleria cominciano a trapelare alcune indiscrezioni sulle caratteristiche dell’allestimento di questa particolare sezione dei beni culturali degli Uffizi, che ridarà finalmente visibilità a un patrimonio da troppo tempo tolto dalla pubblica ammirazione. La più curiosa riguarda la sistemazione dei quadri: non potendo disporre delle varie centinaia di metri lineari di muri del Corridoio Vasariano, ma solo di 12 sale più una sorta di disimpegno, è stata fatta una scelta diversa, per certi versi scioccante, ovvero quella di sistemare le opere affinché occupino la quasi totalità delle superfici delle pareti disponibili. Solo che gli Uffizi hanno una storia plurisecolare e non ci si può alzare una mattina e decidere di cambiare tutto e riallestire una parte del museo come avveniva alla fine del XIX secolo.

L’ordinamento di tipo barocco, per esempio fu ridato nel 1911 alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti, che era una quadreria, basandolo su dei documenti precisi; ma se lo stesso allestimento venisse fatto altrove, avrebbe il sapore di un’invenzione arbitraria, e comunque quella della Palatina è unica. Se la collezione degli Autoritratti apparirà come una quadreria, saranno due gli allestimenti barocchi.

Un’altra sorpresa sarà rappresentata dal colore delle pareti destinate ad accogliere le opere, che saranno di un rosa acceso, che ricorda quello delle gomme da masticare lunghe 15 centimetri che si trovavano ai bar delle sale cinematografiche parrocchiali: fino all’avvento della Riforma Franceschini, i colori delle pareti della Galleria avevano un preciso significato e riferimento a un’epoca, una scuola artistica o una cromìa cara a un determinato artista; vedremo quale sarà il significato recondito di questo nuovo, particolare colore nelle sale degli Autoritratti.

Per il resto sarà curioso fare un parallelo tra gli Autoritratti che facevano bella mostra di sé lungo il Corridoio Vasariano e quelli che presto si vedranno in Galleria, e magari giocare al “cercatrova” di vasariana memoria, con quella straordinaria collezione di opere d’arte. Che fu iniziata nella seconda metà del XVII secolo dal cardinale Leopoldo de’ Medici, figlio del granduca Cosimo II, alla cui morte fu versata agli Uffizi e col tempo è cresciuta, così come il bisogno di trovarle spazio, cosa che era stata risolta per una parte di essi (circa la metà a dire il vero) nel 1973 dal soprintendente Luciano Berti, che le decise la risistemazione nel Vasariano, dopo che in seguito all’alluvione del 1966 erano tornati in Galleria (in deposito). Adesso che la collezione conta più di 1800 esemplari (alcune sono copie), solo il 20 per cento tornerà visibile, a conferma che la valorizzazione del patrimonio culturale italiano è sempre più un problema invece che una speranza.

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