Cultura

Buchi bianchi, Carlo Rovelli e la lezione di fisica e filosofia dal vivo che incanta: “Alieni? Sciocchezze. Il mondo è ben più strano e misterioso di queste cose”

Il celebre fisico italiano autore de Buchi bianchi (Adelphi), ma anche, tra gli altri, di Sette brevi lezioni di fisica e L’ordine del tempo, sale sul palco dell’auditorium MAST di Bologna e sembra annullare ogni possibile distanza spaziale, culturale, professionale, con il pubblico

di Davide Turrini

E alla fine dal cosmo sbucò Carlo Rovelli. Un paio di sandali alla tedesca, pantaloni di tela con tasconi laterali e minuscolo simboletto della pace, polo larga vagamente sformata. Il celebre fisico italiano autore de Buchi bianchi (Adelphi), ma anche, tra gli altri, di Sette brevi lezioni di fisica e L’ordine del tempo, sale sul palco dell’auditorium MAST di Bologna e sembra annullare ogni possibile distanza spaziale, culturale, professionale, con il pubblico. Più che un azzimato professore ordinario, come età e carriera gli consentirebbe di mostrarsi, Rovelli sembra l’assistente del barone che abbatte ogni formalità prossemica e spiega equazioni e dimostrazioni della fisica meglio del titolare di cattedra. “La gioia leggera di quando qualcosa si capisce”, dice lui. E ogni tanto si gratta sopra la testa come se il cervello fosse da spremere per venire a capo di un dilemma. In mano il prof tiene telecomandi, microfono e perfino quell’imbuto trasparente allungato e gradualmente ristretto che non è altro che la rappresentazione materiale del buco nero. Rovelli è così. Tutto ciò che a livello di teoria della fisica ha ipotizzato, e in buona parte verificato, è spiegabile ai profani. Nessuno si senta lasciato indietro. Lui è lì ad accompagnare dove l’immaginazione umana, o la mancanza di certezze scientifiche, lasciano con interrogativi grandi come grattacieli. La lezione/presentazione rovelliana non dura che una quarantina di minuti.

Per chi ha già letto Buchi bianchi stupisce come l’oralità dell’autore rimanga identica, per ritmo, chiarezza, pazienza, alle sue capacità scrittorie. Se invece l’ultimo saggio è ancora intonso sul comodino ecco servito un bignami su cosa sono questi benedetti “buchi bianchi” che lascia con la bocca aperta come quando da bambini si vedevano i treni passare in campagna. “Mi hanno detto che stasera Vasco Rossi è molto deluso perché siete tutti qui”, ironizza il fisico sul megaconcerto del rocker di Zocca che si sta tenendo a pochi passi. La “chiacchierata” di Rovelli sul “racconto di una ricerca in corso (…) da 4/5 anni” è una summa ipnotica e affascinante dove stilemi e leggi della fisica vivono una ritrovata spigliata magnetica divulgazione. Più che una Hack o un Angela, Rovelli somiglia ad un Alessandro Baricco seduto al pianoforte mentre spiega la differenza tra tasti bianchi e neri. Sempre questione di colori, e mezzi toni, ma qui c’è da scomodare tutto il club dei fisici del Novecento. E con profondo rispetto, in piedi, muovendosi avanti e indietro, facendo scorrere foto d’epoca, disegni ed equazioni, Rovelli spiega che “Einstein e i libri di testo su cui studiavo a Bologna negli anni settanta sono superati”.

Già, perché la scienza “va lenta” ma si aggiorna di continuo con nuovi dubbi a cui rispondere, relative ipotesi interpretative e infine definitive verifiche. Così oltre la teoria della relatività generale si arriva, a grandi balzi, alla scoperta di cosa succede dentro l’orizzonte da parte di Finkelsten (spazio e tempo s’incurvano e non finisce il mondo) fino ai buchi neri intuiti sul finire del secolo e con prima prova fotografica nientemeno mentre Rovelli inizia a scrivere il suo ultimo saggio, ovvero un paio d’anni fa. Per questi ultimi il prof sventola il suo imbuto trasparente evocando le fiabe (“quelle casette piccoline dove si apre la porta e dentro c’è un’altra stanza, un’altra stanza, un’altra stanza…”) e facendoci piombare nell’esplorazione fisica di uno spazio materiale impossibile. Immaginazione è potere. “Immaginate di essere una formica abituata a camminare in una piazza di paese. Improvvisamente vede una fessura, entra, e vede qualcosa di enorme, uno spazio tridimensionale che nemmeno immaginava”. Da lì è un attimo finire dentro a quell’imbuto che si allunga e restringe sempre di più. Solo che, spiega Rovelli, usando le equazioni di Einstein il mondo si schiaccerebbe talmente da finire. Bisogna usare altri strumenti. E il viaggio che si compie con Rovelli, sorta di Dante (o Virgilio?) in bilico sul Paradiso della scoperta, ha un ulteriore aiuto: la meccanica quantistica e i relativi salti quantici.

“Là dove l’imbuto è strettissimo lo spazio non è più descritto come una cosa continua che evolve pian piano ma come una cosa granulare, dove non valgono più le equazioni di Einstein”. Lo spazio fa un salto quantico, compie una traiettoria come un palla che cade, arriva fino in fondo a terra e rimbalza: “il buco nero visto al contrario ha un nome ed è il buco bianco”. Anche osservazione è potere. “Un’ipotesi a cui io credo – continua – potrebbe essere che i buchi bianchi li abbiamo osservati da tempo”. Ecco Rovelli che spicca il volo nella filosofia dell’essere e nella finitezza dell’assolutismo concettuale del nostro pensare quotidiano. Passato e futuro diventano uguali. Il “tempo” non ha più solo un processo con una direzione. I buchi bianchi “escono alla fine dell’evaporazione del salto quantico con una massa piccola piccola di microgrammi, come di un mio capello, che interagisce gravitazionalmente con la materia oscura che non vediamo”. Ipotesi per ipotesi il pubblico infine si scatena. Piccoli fisici crescono a grappoli. L’esplorazione di cosmo e materia suscitano inevitabilmente curiosità , interrogativi, rovelli (pardon). Ci intrufoliamo provocando l’autore: “Cosa penso delle teorie sul multiuniverso? È un’idea presa in considerazione da alcuni colleghi che non mi ha convinto, nemmeno come è stata rappresentata in opere cinematografiche”. Domanda delle cento pistole: “Astronavi extraterrestri che sarebbero arrivate sulla terra? Sono tutte notizie che ho visto ma che sembrano sciocchezze. Il mondo mi sembra più interessante, strano, misterioso e sconosciuto che non le dimensioni parallele o le astronavi aliene”.

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