Sul fronte dell’energia nucleare il Governo Meloni mette a segno un punto non di poco conto, anche grazie alla stampella offerta dalla coppia Renzi-Calenda. I leader di Italia Viva e Azione, infatti, hanno votato con i partiti di maggioranza, dando il via libera alla Camera alla mozione che impegna l’esecutivo “al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, a valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”. Non è una novità che il centrodestra punti tutto sul nucleare: sin dalla vittoria delle elezioni ha detto chiaramente quelli che erano gli obiettivi dal punto di vista energetico. In tal senso, il testo approvato a Montecitorio impegna il governo, tra le altre cose, “a valutare in quali territori al di fuori dell’Italia la produzione di energia nucleare possa soddisfare il fabbisogno nazionale di energia decarbonizzata e – si legge ancora – a valutare l’opportunità di promuovere e favorire lo sviluppo di accordi e partnership internazionali tra le società nazionali e/o partecipate pubbliche e le società che gestiscono la produzione nucleare al fine di poter soddisfare il suddetto fabbisogno nazionale”.

Non solo. Tra gli altri impegni c’è anche quello di “confermare l’obiettivo di zero emissioni al 2050, a partecipare attivamente, in sede europea e internazionale, a ogni opportuna iniziativa, sia di carattere scientifico che promossa da organismi di natura politica, volta ad incentivare lo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari destinate alla produzione di energia per scopi civili”. L’elenco degli impegni è lungo: si va dall’ “adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea“. Come? “Riaffermando in sede europea una posizione unitaria volta a mantenere nella tassonomia degli investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili”: parole che ricordano quanto accaduto a fine febbraio scorso, quando Parigi presentò la sua “alleanza per il nucleare” tra vari Paesi, tra cui anche l’Italia.

Tra le priorità da perseguire, il governo deve anche “proseguire l’impegno nella ricerca scientifica e, al fine di formare nuovo capitale umano altamente qualificato nel settore, ad adottare ogni iniziativa utile a sostenere le università italiane in questo percorso”. E ancora: “Adottare iniziative per istituire idonei percorsi di ricerca e sviluppo al fine di recuperare il ruolo dell’Italia nel campo dello studio e dello sviluppo tecnico in materia nucleare, anche attraverso convenzioni con atenei e centri di ricerca per la creazione di appositi percorsi di formazione universitaria, di ricerca e sviluppo delle competenze”. Poi c’è una parte importante destinata alla comunicazione di questo impegno. Nella mozione di maggioranza approvata dalla Camera, infatti, è scritto nero su bianco che “il governo dovrà favorire una campagna di informazione oggettiva, basata su rigore scientifico, al fine di evitare opposizioni preconcette, con la consapevolezza che il problema dell’accettazione sociale rappresenti una tappa essenziale per la realizzazione di qualsiasi impianto energetico, anche prevedendo ex ante misure di compensazione ambientale e sociale per enti e territori, ove venissero realizzati impianti sul suolo nazionale; a sostenere la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico”.

Non si è fatta attendere la reazione del dicastero dell’Ambiente, con il ministro Gilberto Pichetto Fratin e la vice ministra Vannia Gava a vergare una nota ufficiale molto chiara: “Il nucleare di quarta generazione, secondo gli scienziati, è sicuro quanto pulito – hanno detto – Ci confronteremo ora con i partner europei e valuteremo, con la massima attenzione, come inserirlo nel mix energetico nazionale dei prossimi decenni, con l’obiettivo di raggiungere, anche con il contributo dell’energia nucleare, gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dall’Unione Europea, sino a quello finale della neutralità climatica del 2050″. Di “voto storico che restituisce al governo dopo 40 anni la possibilità di impegnarsi nel nucleare” ha parlato il deputato e responsabile del Dipartimento energia di Forza Italia, Luca Squeri. Diametralmente opposta la posizione del co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli e del segretario di Sinistra Italia Nicola Fratoianni: “Dopo ben due referendum che avevano bocciato il nucleare in Italia è arrivato l’atto di indirizzo che la Meloni, non più tardi di due mesi fa, aveva chiesto su un nostro question time. La stessa Meloni – hanno sottolineato – che un anno fa affermava che ‘investire sul nucleare oggi significa parlare di un nucleare che domani sarà già vecchio'”. Poi l’attacco al cosiddetto Terzo Polo: “A questa mozione così importante si è arrivati con il sostegno di Azione di Calenda e Italia Viva Renzi che hanno votato insieme alla destra per il ritorno del nucleare in Italia. Questo per noi è un fatto politicamente rilevante – hanno accusato – e rappresenta uno spartiacque perché sulla politica energetica e sul clima non si può sostenere la destra. Il piano nucleare da 40 GW di Calenda – hanno proseguito – costa 400 miliardi di euro finanziato con i soldi pubblici. Dove si prenderanno le risorse economiche? Come sempre dalle bollette di famiglie e imprese. Il terzo Polo oggi, votando con la destra – è la conclusione della nota -conferma le parole della Premier Meloni, che aveva già individuato in Calenda un suo possibile alleato, insieme per difendere le lobby energetiche, come accaduto con la vicenda degli extraprofitti”.

“La maggioranza vuole riportare sul tavolo una discussione in modo approssimativo, confuso, senza una chiara strategia e senza aver fatto i conti con la pesante eredità del passato” ha detto invece il deputato del Pd Christian Diego Di Sanzo. Per lui “è necessario ripartire da un serio piano che indichi la via per le scorie delle centrali nucleari, ma nella mozione dei partiti di governo non se ne parla nemmeno. Non si può perdere altro tempo – ha aggiunto – perché oltre alla necessità della messa in sicurezza dei territori vi è anche quella di ottemperare alle direttive europee e di interrompere la procedura d’infrazione attualmente in atto. È urgente quindi prima di tutto ripristinare rapidamente la piena operatività della Sogin – ha sottolineato – e procedere all’identificazione di un deposito nazionale, un’esigenza non più rimandabile per lasciare alle nuove generazioni un futuro migliore e sostenibile“.

Articolo Precedente

La prima causa civile italiana contro Eni: “Con la sua strategia ha contribuito ai cambiamenti climatici, ci ha resi dipendenti dal gas”

next
Articolo Successivo

Nuove alluvioni, nuovi disastri. Chi se lo sarebbe aspettato?

next