La strage di Erba, a distanza di quasi 17 anni, continua a far discutere. Tra richieste di revisioni, istanze varie della difesa e anche le incursioni inaspettate di un magistrato, il caso potrebbe sembrare ancora aperto. Invece la mattanza avvenuta nella corte di via Diaz nella cittadina in provincia di Como è tutt’altro che oscura o dubbia. Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini furono trucidati da Rosa Bazzi e Olindo Romano, i vicini di casa che mal sopportavano la famiglia considerata rumorosa e con cui avevano una causa civile in corso. Quinta vittima del massacro dell’11 dicembre 2006 Mario Frigerio, marito della Cherubini, sopravvissuto allo sgozzamento e testimone dell’accusa nei processi contro i due imputati. Fu Frigerio a indicare in aula – unica sede della raccolte delle prove – a indicare l’uomo e la moglie seduti accanto nella gabbia apostrofandoli così: “Sono quei due delinquenti lì”. Oggi dopo giorni di silenzio la procura di Como ha diramato un lungo e articolato comunicato in cui si spiega che i magistrati sono pronti a tutelare la loro immagine e che in tutti e tre gradi di giudizio – nel contradditorio delle parti – i due imputati sono stati giudicati colpevoli. Oltre ogni ragionevole dubbio. Sul sito sono poi state postate le tre sentenze dei tre gradi di giudizio e le relative motivazioni per chiunque possa leggere dalla prima all’ultima pagina perché 21 giudici, tra togati e popolari, hanno condannato i due coniugi all’ergastolo.

LA VENDETTA D’ODIO COMPIUTA CON LUCIDITA’ – Nelle 282 pagine delle motivazioni c’è tutto il dibattimento, gli interrogatori – compreso quello di Rosa che al pm dice che aveva preparato spranga e coltello e che voleva “farlo da sola” perché quella settimana proprio non ce la faceva più (pag. 246) – le testimonianze sulle liti, la confutazione dell’alibi dello scontrino (pag. 227-231). Tutto quello che gli imputati non potevano sapere se non fossero stati sul luogo della mattanza (86-112). E poi la macchia di sangue nell’auto di Romano e quel dito puntato in aula da Frigerio. I giudici hanno concluso che la strage di Erba era stata ‘‘una vendetta” compiuta con ”spietatezza” dai due imputati che hanno agito con ”una notevole lucidità” e spinti da un ”accumulo di odio e rancore non tanto nei confronti di ”Marzouk, quanto contro i Castagna, e Raffaella in particolare”. Per “realizzare il desiderio di voler dimostrare a se stessi che loro, due, deboli, ad un certo momento potevano umiliare i potenti Castagna”. I magistrati hanno poi bollato come “fantasiose” le piste alternative ed escluso che i coniugi non fossero capaci di intendere e volere (pag 261-272).

LE MOTVIVAZIONE DEL PROCESSO DI PRIMO GRADO

LE PISTE ALTERNATIVE? “FANTASIOSE RICOSTRUZIONI” Confessioni spontanee ritenute coerenti e “ritrattate se non per scelta difensiva”, parole “riscontrate” dagli appunti che Olindo Romano aveva segnato sulla Bibbia; e poi i particolari indicati da due coniugi che solo chi era stato sulla scena del delitto poteva sapere. Infine il riconoscimento di Olindo da parte di Frigerio che ha avuto “atteggiamento sempre lineare… nonostante l’intensità di un ferreo controesame”. La traccia di sangue nella Seat Aorsa. Ed è così anche anche in secondo grado i magistrati hanno bocciato le piste alternative: “Fantasiose ricostruzioni e moventi non hanno trovato alcun supporto probatorio” e riconosciuto nell’odio il movente della ferocia. Nelle 105 pagine di motivazioni i giudici della Corte d’assise d’appello di Milano ci sono anche le spiegazioni sul perché è stata negata una perizia psichiatrica.

LE MOTIVAZIONI DEL PROCESSO D’APPELLO

NON PAZZIA “MA LUCIDA GRETTEZZA” – Sono 68 le pagine della motivazioni con cui i giudici della Cassazione hanno confermato il verdetto di secondo grado ripercorrendo tutte le prove raccolte nei gradi precedentu. Per gli ermellini quanto accaduto alle vittime non fu la conseguenza di follia ma qualcosa di riconducibile a “un meccanismo reattivo generato da sentimento di odio, grettezza, individualismo covati per lungo tempo“. Un omicidio premeditato e pianificato da entrambi. Tra le prove evidenziano la ferita sulla mano della donna senza contare “i contributi nella confessione offerti dalla donna che “mostrano al di là di ogni ragionevole dubbio la sua partecipazione al delitto”: primo fra tutti “la mimica dei colpi inferti al piccolo Youssef urlante (mimica ritenuta molto più efficace delle parole, viste le difficoltà espositive della donna)”. Ferite “inferte da un soggetto mancino quale è la Bazzi sul povero Youssef, sulla schiena della Cherubini e sull’addome delle altre due donne”. Il bimbo fu ferito al collo superficialmente e poi tenuto fermo con la mano destra come perfettamente mimato dall’imputata. Anche gli ermellini sono tornati sulla testimonianza di Frigerio, che subito dopo la strage aveva parlato di un uomo con la pelle olivastra e non aveva fatto il nome di Olindo. Per i giudici “ha spiegato le sue difficoltà non tanto nel fare affiorare il ricordo momentaneamente offuscato a causa del trauma, quanto alla sua difficoltà di credere che a inveire su di lui fosse stato il Romano, suo vicino di casa che riteneva persona per bene, e che dichiarava di aver riconosciuto distintamente nel momento in cui aprì la porta di casa Castagna, tanto da essersi chiesto cosa facesse in quel luogo”. I 40 motivi di ricorso presentati dalla difesa furono tutti respinti.

LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE

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