Il giorno dopo, la reazione è a metà tra il gelo e il silenzio imbarazzato. La reprimenda di Gianfranco Fini sull’antifascismo non è stata accolta bene tra le file di Fratelli d’Italia, dove in molti ancora diffidano dell’ex padre nobile e lo considerano alla stregua di un traditore per il suo lontano strappo dal Pdl (in cui era confluita An) che portò allo sfortunato esperimento di Futuro e libertà. “Meloni e La Russa dicano che FdI si riconosce nei valori antifascisti. Non giustifico la ritrosia a usare quest’aggettivo”, ha detto domenica l’ex presidente della Camera, ospite a Mezz’ora in più su Rai 3. A una messa in mora così ingombrante da parte dell’ultimo segretario della destra storica, il partito con la fiamma sceglie di replicare in modo chirurgico. E affida a Repubblica un virgolettato eloquente di Francesco Lollobrigida: “Fini viene spesso strumentalizzato dalla sinistra. Spero sia in buona fede, ma i suoi obiettivi secondari non li conosco e nemmeno mi interessano”, dice il ministro dell’Agricoltura, cognato e ventriloquo della premier. “L’unica certezza”, affonda, “è che Giorgia Meloni è riuscita in quello che lui non è stato in grado di realizzare. Sarebbe ingeneroso non ricordare che all’epoca fu importante il ruolo che Fini ebbe, ma a tante cose buone ne corrispondono altre meno nobili che vanificarono molti risultati ottenuti. Ognuno ha la sua storia e ognuno dovrebbe sapere qual è il suo tempo“, chiosa. Detto questo, da Fratelli d’Italia è tutto: il resto delle truppe meloniane ignora le parole dell’ex delfino di Giorgio Almirante, limitandosi ad attaccare in massa chi le ha ospitate, la giornalista Lucia Annunziata, accusata di faziosità per aver criticato il governo sui migranti.

Ma al partito della premier, stretto tra le pressioni dei media e i distinguo interessati della Lega sulla Liberazione, arriva una sponda dalle colonne del Corriere della Sera: a offrirla è Luciano Violante, presidente della Fondazione Leonardo, ex presidente della Camera e capogruppo dei Ds, per anni uomo-cerniera della seconda Repubblica con i suoi ammiccamenti alla destra berlusconiana soprattutto in tema di giustizia (indimenticabile quando ammise in pubblico che al Cavaliere, da sinistra, era stata data “la garanzia che non sarebbero state toccate le televisioni”). “Giorgia Meloni è estranea al fascismo; sta lavorando per costruire un partito conservatore italiano. Non sarà mai il mio partito, ma spero che ci riesca”, afferma ora. E assicura: “Supererà le nostalgie retrograde esistenti a destra”. Parole che non possono far pensare a quando lo stesso Violante, nel discorso d’insediamento a Montecitorio, citò le “migliaia di ragazzi e di ragazze” che “si schierarono dalla parte di Salò“, chiedendo di capirne le ragioni “senza revisionismi falsificanti”. Ora l’ex diessino dice che “solo pochi patetici nostalgici” vogliono difendere il fascismo, e parlarne “alimenta un conflitto puramente ideologico che ci allontana dai fatti“. “Credo che quella pagina sia chiusa definitivamente”, conclude. Una posizione che al governo trova di certo molti estimatori.

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