Una sfida a tre dall’esito per ora imprevedibile. Il Consiglio superiore della magistratura si appresta a scegliere il nuovo capo della Procura di Firenze, uno degli uffici giudiziari più importanti d’Italia, titolare delle inchieste su Matteo Renzi, la sua famiglia e il “Giglio magico” (la più importante, quella sulla fondazione Open, è arrivata all’udienza preliminare) e anche del fascicolo sulle stragi del 1993 in cui sono indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Giovedì la quinta Commissione – competente sugli incarichi direttivi – ha iniziato a discutere la pratica, e lunedì dovrebbe indicare al plenum uno o più nomi tra cui scegliere a maggioranza. Chi prevarrà prenderà il posto di Giuseppe Creazzo, che alla scadenza del mandato ha scelto di tornare nella sua Calabria come sostituto alla Procura minorile di Reggio. Gli aspiranti alla poltrona sono una decina, ma tre domande spiccano sulle altre e dividono le correnti in modo all’apparenza inconciliabile: il rischio, pertanto, è che i sei membri della Commissione si spacchino su tre proposte diverse, un’eventualità molto rara (di solito, nei casi di mancata unanimità, il ballottaggio è tra due nomi). Tra i membri c’è anche Ernesto Carbone, laico scelto da Italia viva, renzianissimo ex deputato che ora può contribuire a decidere chi governerà la Procura “nemica” del suo padrino politico.

Il candidato naturale, in base al Testo unico sulla dirigenza giudiziaria (la circolare del Csm che fa da “vademecum” per le nomine) è Ettore Squillace Greco, della corrente progressista di Magistratura democratica, da otto anni procuratore di Livorno e prima già in servizio a Firenze come procuratore aggiunto e capo della Direzione distrettuale antimafia. Calabrese classe 1957, rispetto ai competitor è l’unico a vantare esperienza direttiva (requisito privilegiato dal Testo unico) e ad avere una conoscenza pregressa dell’ufficio: può già contare su otto voti quasi certi in plenum (Mimma Miele di Md, l’indipendente Roberto Fontana e i sei di Area, l’altra corrente progressista). Il principale sfidante però è un altro pm dal curriculum di tutto rispetto: Paolo Guido, il procuratore aggiunto di Palermo che ha coordinato le indagini che hanno portato alla cattura di Matteo Messina Denaro. Cinquantacinquenne originario di Acri (Cosenza), discreto e lontano dai riflettori, è stato impegnato senza sosta per anni nella ricerca del superlatitante. Nelle ultime ore, poi, si è fatta largo anche una terza candidatura: quella di Rosa Volpe, procuratrice aggiunta e attuale reggente a Napoli. Sia Volpe che Guido, in teoria, partono svantaggiati rispetto a Squillace, perché hanno esperienza soltanto ruoli semidirettivi, per quanto importanti. Ma almeno uno di loro (più probabilmente il palermitano) arriverà sicuramente a giocarsela in plenum con il procuratore di Livorno.

Insieme alla pratica fiorentina è stata affrontata anche quella che riguarda il nuovo procuratore generale di Bologna, carica lasciata vacante da Ignazio De Francisci, ora in pensione. Tra i candidati c’è la reggente Lucia Musti, l’ex procuratrice di Modena che accusò i carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto e Sergio De Caprio di voler eliminare Renzi per via giudiziaria. Sulla sua corsa però pesa il coinvolgimento nelle chat con l’ex ras delle correnti Luca Palamara: per lo stesso motivo, nei mesi scorsi è stata bloccata (su iniziativa dell’ex consigliere Nino Di Matteo) la sua nomina a procuratore generale di Ancona. La sfida in questo caso sembra a due, tra Paolo Fortuna, attuale procuratore della Repubblica di Aosta, e Giuseppe Di Giorgio, aggiunto a Modena.

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