Non sarà rilasciato. Il magistrato di Islamabad ha respinto l’istanza di rilascio su cauzione di Shabbar Abbas, il padre di Saman arrestato in Pakistan a novembre e per cui l’Italia ha chiesto l’estradizione. L’uomo aveva fatto sapere di voler partecipare al processo la scorsa settimana, ma intanto aveva fatto presentare un’istanza all’avvocato che lo difende in Pakistan. Procura e Carabinieri di Reggio Emilia lo accusano dell’omicidio della figlia 18enne, morta a Novellara nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, in concorso con altri quattro parenti tra cui la moglie Nazia Shaheen, unica ancora latitante. Saman sarebbe stata assassinata per aver rifiutato un matrimonio combinato dalla famiglia.

Il procedimento sull’estradizione dell’imputato prosegue. L’udienza è stata fissata per giovedì 30 marzo. Oggi il suo difensore era assente, in quanto impegnato, secondo quanto si apprende, in questioni religiose fino al 25 aprile. Dopo aver rigettato l’istanza di liberazione su cauzione, il magistrato ha respinto anche la richiesta formulata dal sostituto del legale per un rinvio a fine aprile, disponendo che, per giovedì, ad Abbas venga nominato un difensore d’ufficio in sostituzione del suo.

Nei giorni scorsi lo zio di Saman, anche lui imputato, ha ribadito di non essere stato lui ad uccidere la nipote e di avere solo accompagnato i cugini a seppellirla. Interrogato su sua richiesta il 10 marzo dai pm e dai carabinieri di Reggio Emilia, Danish Hasnain ha specificato ulteriormente la versione dei fatti di quella notte, sostenendo che i parenti volevano assassinare anche lui. “Io penso che mi abbiano chiamato perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman, io ero d’accordo sulla sua relazione con Saqib. Poi non so perché non mi hanno ucciso”, ha detto il 32enne, sotto processo a Reggio Emilia per il delitto insieme ai due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq e ai genitori di Saman. “A pensarci bene la buca era troppo grande per una sola persona e gli altri mi hanno incastrato perché sapevano che parlavo”, ha messo a verbale l’imputato, difeso dall’avvocato Liborio Cataliotti.

Danish, che ha consentito il ritrovamento del corpo della giovane parente in un casolare diroccato vicino a casa, dopo un anno e mezzo di ricerche, ha aggiunto alcuni particolari in più rispetto a quanto disse quando ci fu il sopralluogo, il 18 novembre. I due cugini lo svegliarono “e mi hanno detto che c’era stato un litigio e che ci era scappato il morto”. Arrivati davanti a casa, “ho visto Saman morta, sdraiata con il collo strano, stretto. Io ho cominciato ad urlare forte, a maledire tutti, a piangere e ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato i due mi hanno sorretto e mi hanno dato dell’acqua”. Secondo Danish, che per l’accusa è l’esecutore materiale dell’omicidio, “i due l’hanno presa, uno dalle gambe e uno dalle braccia”. Poi “hanno appoggiato il corpo davanti al casolare, dove vi avevo già fatto vedere e sono andati a prendere le pale lì vicino alle serre. Mi hanno chiesto una mano ma non me la sentivo, ho spostato a mani nude solo la terra a lato della buca. Poi sono tornato da Saman e ho continuato a piangere e parlarle”. Danish ha ribadito anche che i cugini gli avevano detto che era stata la madre a uccidere la ragazza.

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