Sciopero degli avvocati penalisti contro l’inerzia del governo in tema di giustizia. La giunta dell’Unione delle Camere penali, presieduta da Giandomenico Caiazza, ha proclamato l’astensione dalle udienze da martedì 19 a venerdì 21 aprile a seguito della “sostanziale inerzia seguita all’impegno”, assunto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio “già a dicembre scorso e più volte ribadito, di istituzione di un tavolo di confronto tra avvocatura e magistratura sulle più urgenti necessità di interventi modificativi della recente riforma”. L’obiettivo è sollecitare la soluzione di una serie di “urgenze che esigono risposte serie, approfondite ma al tempo stesso rapide, con il pieno coinvolgimento della rappresentanza politica di avvocatura e magistratura”.

“La preannunciata stagione delle riforme liberali della giustizia è già abortita?”, è l’interrogativo che pongono le Camere penali in una nota. “Le riforme processuali urgenti richieste dall’avvocatura sono ignorate”, attaccano, mentre “i diktat della magistratura prontamente eseguiti: rallentamento della riforma costituzionale della separazione delle carriere, congelamento delle riforme dell’ordinamento giudiziario sgradite alle toghe (il riferimento è al rinvio dell’esercizio della delega sul fascicolo per la valutazione dei magistrati, ndr). E poi, carcere, carcere, carcere, ogni qual volta la cronaca e la ricerca del consenso ispirano e sollecitano il peggiore populismo penale”. I penalisti lanciano perciò “la mobilitazione per il rispetto degli impegni elettorali e parlamentari assunti dalla nuova maggioranza: subito tre giornate di astensione dalle udienze penali, per dare il via ad una nuova stagione di iniziative politiche in difesa del diritto penale liberale e del giusto processo”.

I penalisti ritengono in particolare “non più procrastinabile la urgente necessità di intervenire sulla norma che subordina l’ammissibilità della impugnazione della sentenza a una pretestuosa rinnovazione della elezione di domicilio e addirittura – in caso di imputato assente in primo grado – al conferimento di un nuovo mandato difensivo”. Una norma, secondo le Camere penali, ispirata “dall’evidente intento di falcidiare soprattutto – come già sta accadendo quotidianamente nelle aule di giustizia – il diritto di appello nei processi con difensore di ufficio e dunque a carico dei soggetti socialmente più deboli e più difficilmente rintracciabili dal difensore”.

“Non meno urgente”, secondo gli avvocati, è “eliminare al più presto la asistematica novità della improcedibilità in grado di appello in luogo della prescrizione del reato” (lo stesso proposito già espresso anche in atti ufficiali dai partiti di maggioranza, che vogliono eliminare lo stop alla prescrizione dopo il primo grado). Ed è “indispensabile una immediata e costruttiva riflessione sulla cosiddetta udienza pre-dibattimentale nei giudizi con rito monocratico”: c’è il rischio di “una organizzazione dei processi che, esigendo magistrati necessariamente diversi da coloro che sarebbero poi chiamati a celebrare l’eventuale giudizio di merito, finisca per consegnare la gran parte delle decisioni alla magistratura non togata“.

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