Oltre ai vertici delle cosche vibonesi, tra i 56 arrestati nel blitz di stamattina della Dda di Catanzaro ci sono l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani, l’ex dirigente regionale del Dipartimento Turismo e Beni Culturali della Regione Calabria Pasquale Anastasi e il capo struttura dello stesso dipartimento Rodolfo Bova. Ma anche due funzionari della prefettura di Vibo Valentia, Rocco Gramuglia e Michele La Robina, accusati di rivelazione del segreto d’ufficio. Mentre l’ex politico, già coinvolto nell’inchiesta “Imponimento”, in qualità di imprenditore è accusato di estorsione ed è finito in carcere, l’ex dirigente regionale Anastasi è ai domiciliari per un reato che secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio andrebbe cancellato dal codice penale. L’ex capo del dipartimento Turismo, infatti, è accusato di traffico di influenze illecite. Stessa misura cautelare è stata decisa per Rodolfo Bova che risponde, invece, di corruzione.

L’operazione della Polizia di Stato è scattata all’alba non solo nel vibonese e in provincia di Catanzaro ma in tutta Italia: nelle provincie di Reggio Calabria, Palermo, Avellino, Benevento, Parma, Milano, Cuneo, L’Aquila, Spoleto e Civitavecchia. Il giudice per le indagini preliminari Chiara Esposito ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per 56 persone: 41 sono finiti in carcere e tra questi anche i vertici delle cosche Mancuso, La Rosa, Il Grande e Accorinti. Per altri 15 indagati, invece, il gip ha deciso di applicare gli arresti domiciliari. Boss, affiliati, imprenditori di riferimento dei clan e referenti nei palazzi delle istituzioni sono coinvolti tutti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro che contesta reati pesantissimi: dall’associazione per delinquere di stampo mafioso al concorso esterno passando per l’estorsione, il porto e la detenzione illegale di armi, il sequestro di persona, il trasferimento fraudolento di valori, l’illecita concorrenza con violenza e minaccia la corruzione, la rivelazione di segreto d’ufficio, il traffico di influenze illeciti e l’associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione ed al riciclaggio di macchine agricole. Quasi tutte le accuse, inoltre, sono aggravate dal metodo e dall’agevolazione mafiosa.

La Dda: “Capacità di infiltrazione delle singole articolazioni nel tessuto imprenditoriale” – I pm guidati dal procuratore Nicola Gratteri hanno chiesto e ottenuto dal gip anche il sequestro di beni per 250 milioni di euro. In carcere sono finiti boss del calibro di Luigi Mancuso detto “Zi Luigi”, Diego Mancuso, Domenico La Rosa detto “Zi Micu”, Antonio La Rosa e Giuseppe Antonio Accorinti detto “Peppone”. Alcuni di questi erano già detenuti perché imputati nel maxi-processo “Rinascita-Scott”. La Dda di Catanzaro, in sostanza, ha ricostruito – scrive il gip nell’ordinanza – “la capacità di infiltrazione delle singole articolazioni nel tessuto imprenditoriale, mediante una serie di condotte estorsive, attinente alle strutture insistenti sulla ‘Costa degli Dei’. In particolare, è stata documentata la pervasività della ‘ndrina dei La Rosa a Tropea nell’hinterland del comune costiero, facendo rilevare al spiccata capacità di controllo del territorio esercitata dall’organizzazione rispetto a qualsivoglia iniziativa imprenditoriale, anche in ragione dell’eco criminale derivante dai trascorsi giudiziari dei maggiorenti della famiglia”. E ancora: “Le investigazioni hanno cristallizzato l’influenza e l’eco criminale di Diego Mancuso, esponente di vertice dell’articolazione “’Mbrogghi’ che, anche grazie all’apporto prestato da Peppone Accorinti, boss di Zungri, ha mantenuto un ruolo di primo piano all’interno dell’organigramma criminale univocamente incentrato sul Crimine Luigi Mancuso”.

Il traffico di influenze e il caso della consulenza per un tour operator – Per quanto riguarda l’ex assessore Francescantonio Stillitani accusato di estorsione, secondo gli inquirenti, assieme ad altri indagati avrebbe costretto un imprenditore ad assumere due soggetti “con mansioni di guardiani, con un contratto di lavoro a tempo indeterminato”. L’ex dirigente regionale Pasquale Anastasi, finito ai domiciliari, è accusato di traffico di influenze perché avrebbe sfruttato “la nutrita rete relazionale intessuta con i vertici dell’apparato amministrativo dell’Ente nel corso della sua attività lavorativa” e si sarebbe fatto promettere “indebitamente da Calafati Vincenzo, quale responsabile Tui (un tour operatore, ndr) per la Calabria, nonché quale referente della ‘ndrangheta del vibonese, ingenti somme di denaro da elargirsi a mezzo ‘consulenza’ prestata in favore del Tour Operator Tui e della Direzione del Tui Magic Life di Pizzo, quale prezzo per la sua opera di mediazione illecita nei confronti dei vari apparati regionali finalizzata alla predisposizione, pubblicazione e successiva selezione dei vincitori delle procedure di evidenza pubblica già avviate o da bandire”.

In sostanza, secondo gli inquirenti, tra il 2017 e il 2018 Anastasi avrebbe favorito il tour operator tedesco in un progetto per ottenere finanziamenti pubblici che sarebbero serviti la realizzazione a Squillace di una struttura di 350 camere. Un affare da circa 26 milioni di euro gran parte dei quali dovevano essere coperti da fondi della Regione Calabria. “Perché il dottore Anastasi – dice l’indagato Calafati in un’intercettazione – deve parlare con il presidente, spiegare il progetto completo insieme a te, mi segui? E quanto dovreste mettere la Robinson di soldi… economici, quanti milioni deve investire! Mi segui?… se il progetto è di 30milioni, per esempio, mi segui? La Tui deve mettere 6-7 milioni in totale! Per avere il 51%! Cioè per avere la maggioranza dell’albergo… è un grande affare! Non so se mi spiego”. Il presidente è l’allora governatore della Calabria Mario Oliverio (Pd). L’11 aprile 2017 gli inquirenti accertano che ad Hannover si teneva un meeting tra tutti i soggetti a diverso titolo coinvolti nella vicenda. Tre giorni più tardi, tornato in Italia, il dirigente Anastasi chiama Calafati e lo rassicura: “Ho parlato con il presidente, è contentissimo… e già è pronto il parere di coerenza, aspetta solamente il decreto… definito tutto”.

Nelle intercettazioni anche il nome dell’ex senatore Pittelli – Nell’affare, stando alle intercettazioni, sarebbe dovuto entrare anche l’avvocato Giancarlo Pittelli, l’ex senatore di Forza Italia imputato per concorso esterno con la ‘ndrangheta nel processo “Rinascita-Scott” e nel processo “Mala Pigna”. Il perché lo si legge nell’ordinanza di custodia cautelare dove Pittelli viene descritto come il “soggetto che poteva garantire l’aggancio con le consorterie locali”. La parte di Anastasi, invece, si desume da una conversazione tra Vincenzo Calafati e suo figlio Nicola: il 27 maggio 2017, infatti, “l’imprenditore aveva avuto cura di spiegare come avesse ideato di entrare nel progetto di Squillace con una quota del 20%, cedendo poi li 10% all’Anastasi, precisando che non si trattava di una richiesta di natura estorsiva (‘mazzetta’), bensì di un vantaggio che sarebbe stato loro accordato nella definizione dell’affare”. Il traffico di influenza illecita contestato ad Anastasi sta tutto in un’intercettazione: “Il Presidente (Mario Oliverio, ndr) gli dà subito parere… senza parere della Regione non vai da nessuna parte. Va bene?… Mario (Oliverio ndr) aspetta la … la risposta… gli… gli ho detto che ci incontriamo con loro là, ha detto che assolutamente si”.

Per quanto riguarda l’indagato Rodolfo Bova, il capo struttura del dipartimento Turismo della Regione Calabria è accusato di corruzione perché avrebbe ricevuto 5mila euro dall’imprenditore Domenico Galati (anche lui finito ai domiciliari) “al fine di favorire l’espansione imprenditoriale di questi nel settore dei transfert”. In altre parole avrebbe dovuto farlo entrare nell’affare del “Tui Magic Life” di Pizzo. Per farlo, Bova prima parla con l’imprenditore Calafati: “Coinvolgilo – gli dice – perché è molto vicino a lui, hai capito?”. Chi è “lui” non è chiaro ma qualche settimana dopo, il 30 ottobre 2018, il capostruttura del dipartimento Turismo si rivolge al suo dirigente Anastasi: “Oggi è venuto Enzo Calafati… gli ho detto fallo lavorare a questo perché Mario ci tiene”. Nell’inchiesta sono coinvolti anche due funzionari della prefettura di Vibo Valentia, Rocco Gramuglia e Michele La Robina, finiti ai domiciliari. Entrambi sono accusati di rivelazione di segreti d’ufficio in quanto avrebbe rivelato l’esistenza di un’istruttoria relativa ad un’informativa interdittiva antimafia al titolare di una società che si occupa della gestione di strutture turistiche adibite al servizio di accoglienza migranti.

Il direttore dell’Anticrimine: “Colpisce la totale assenza di denunce” – Secondo il Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, l’inchiesta “ha consentito di smantellare un’agguerrita consorteria mafiosa riconducibile al ‘crimine’ di ‘ndrangheta vibonese, da almeno 4 anni costantemente impegnata nella massiva consumazione di diversi delitti con il conseguente inquinamento dell’economia locale, finendo cosi con il condizionare la libertà economica e commerciale dell’intero tessuto sociale del litorale e delle aree prossime alla rinomata località turistica di Tropea”. “L’enorme ammontare (250 milioni di euro) del valore dei beni sottoposti a sequestro preventivo – aggiunge Messina – conferma la potenza economica di una cosca di ‘ndrangheta finalmente colpita anche nei suoi interessi economici oltre che militari”. “Colpiscono, a fronte della consistente attività estorsiva consumata dalla struttura mafiosa disarticolata nei confronti di numerosissime imprese locali, sia la totale assenza di denunce all’Autorità Giudiziaria, di fatto costituente una cessione di libertà economica da parte degli estorti nei confronti degli estorsori, che l’azione facilitativa ad opera di pubblici funzionari coinvolti nelle indagini in quanto prossimi all’organizzazione investigata”.

Aggiornamento del 3 marzo 2023

Il tribunale del Riesame annulla l’arresto dell’ex assessore regionale della Calabria Francescantonio Stillitani e del fratello Emanuele.

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