“Ieri è stato il momento finale di una faticosa indagine che ci ha costretto a inventarci cose impensabili”. Sono le parole del colonnello Lucio Arcidiacono, comandante del reparto investigativo del Ros dei Carabinieri. È stato lui il protagonista dell’arresto dell’ormai ex superlatitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. “Quando l’ho visto ho avuto l’assoluta certezza che fosse lui, poi lui stesso lo ha confermato”, racconta Arcidiacono. E proprio sulla complessità dell’indagine spiega che la strada che ha portato all’arresto è iniziata “lavorando su metadati”, cercando di rintracciare tra i pazienti degli ospedali un profilo compatibile con quello di Messina Denaro: “Potete immaginare la fatica, ci sono stati tecnici che hanno lavorato in maniera incredibile, utilizzando le più moderne tecnologie”, spiega.

Così mentre il latitante veniva arrestato è partita immediatamente la caccia al suo covo: “Nell’esatto momento in cui è stato catturato – racconta il colonnello dei Ros – ho dato il via alle perquisizioni che erano state programmate con personale che era già sul posto, nei pressi di obiettivi che erano stati individuati”. Il tutto quasi in contemporanea all’arresto. “Un minuto dopo i nostri uomini sono entrati nell’abitazione di Andrea Bonafede, che è il soggetto la cui identità Matteo Messina Denaro ha utilizzato per ricevere le cure. Siamo poi riusciti a individuare un’altra abitazione, riconducibile a Bonafede, dove sicuramente negli ultimi mesi Matteo Messina Denaro aveva trovato rifugio”.

Gli inquirenti ne sono certi: è quello il suo covo. “Abbiamo trovato il posto dove sicuramente si nascondeva”, conferma Arcidiacono. E mentre “la perquisizione minuziosa è ancora in corso”, al momento non trapela quasi nulla su cosa sia stato ritrovato nell’abitazione a Campobello di Mazara. L’archivio segreto di Riina? “Su questo non so dare informazioni, posso però assicurare che stiamo facendo un lavoro molto attento e preciso e speriamo di trovare tutto quello che ci può essere utile per proseguire le indagini”, risponde il colonnello. Le indagini, infatti, sono ancora in corso, soprattutto per chiudere il cerchio sulla rete di favoreggiatori che hanno permesso a Messina Denaro di proseguire per 30 anni la sua latitanza.

Servizio di Salvatore Frequente e Giuseppe Pipitone

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