Ci sono almeno 22.500 procedimenti penali che rischiano di saltare ogni anno a causa della riforma firmata da Marta Cartabia. Sono processi per furto di energia elettrica, un reato che dal 30 dicembre non può più essere perseguito d’ufficio, ma occorre presentare una querela di parte. In caso contrario si finirà con una sentenza di “non doversi procedere per mancanza di una condizione di procedibilità”. E il pm dovrà rilasciare l’indagato anche se colto in flagranza di reato. Ma come si fa a presentare la querela per 22.500 procedimenti penali ogni anno? È il problema che si sono posti i colossi dell’energia elettrica che, in queste settimane, attraverso i loro uffici legali, hanno scritto a quasi tutte le Procure e i Tribunali d’Italia.

I numeri del disastro – Sono la Enel Energia, la Servizio Elettrico spa e l’ E-distribuzione Spa a fornire i numeri dell’imminente disastro giudiziario nelle lettere che, a ridosso del 30 dicembre (quando è entrata in vigore la riforma sulla procedibilità solo con la querela per alcuni reati, tra cui il furto), sono finite sulle scrivanie dei procuratori e dei presidenti dei Tribunali. Le tre società sono parte lesa, rispettivamente, di 3500 casi di furti di energia elettrica per Enel Energia, 7000 casi per Servizio elettrico nazionale spa e 12000 casi per E-distribuzione spa: il totale, appunto, fa almeno 22.500 procedimenti penali che rischiano di andare in fumo ogni anno. D’altra parte, già nei giorni scorsi, Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Anm e oggi pm a Roma, aveva predetto quello che è l’ennesimo effetto nefasto della riforma varata dal governo di Mario Draghi: “Pensiamo ai furti di energia elettrica – aveva detto il magistrato in un’intervista al fattoquotidiano.it – spesso si tratta di reati commessi su larga scala, legati a occupazioni o a edifici non a norma. In casi del genere le società fornitrici dovranno organizzarsi per querelare nei termini di legge ogni singolo utente che ha usufruito degli allacci abusivi”.

La lettera delle aziende a pm e tribunali – Adesso ecco che arriva la lettera dei colossi dell’energia elettrica. Che oltre a lanciare l’allarme suggeriscono ai pm, in sostanza, come scongiurare la “morte” di quei fascicoli, in modo di arrivare alla condanna degli imputati e, cosa che probabilmente interessa di più le società per azioni, il risarcimento dei danni da parte di chi potrebbe essere giudicato colpevole. Si tratta di comunicazioni alquanto singolari. E non solo perché i mittenti sono le tre principali società che si occupano della fornitura di elettricità. La singolarità sta che a scrivere ai pm e, di fatto, a suggerirgli come procedere, sono le parti offese dei 22500 procedimenti penali, “all’anno”, che rischiano di saltare se non verranno formalizzate nel giro di pochi giorni le querele per ogni singolo indagato per furto di energia elettrica.

Il testo della missiva: “Contestate l’aggravante” – Ma cosa c’è scritto nelle tre lettere fotocopia? I responsabili dei tre uffici legali, alla vigilia dell’applicazione della nuova norma, hanno sentito il desiderio di “sottoporre” ai magistrati “alcune considerazioni in merito alla configurabilità dell’aggravante di cui all’artico 625 n. 7 del codice penale, nei casi di furto di energia elettrica operati mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione ovvero manomissione dei contatori al fine di alterarne od impedirne, in tutto o in parte, la rilevazione della misura”. Che non sia una semplice e normale interlocuzione tra pm e parti offese, lo si percepisce dal secondo capoverso che evidenzia, piuttosto, un’esigenza dettata dal cambio della legge. Gli uffici legali delle società che forniscono energia elettrica, infatti, vanno dritti al sodo e citano la “riforma Cartabia” che ha “modificato l’articolo 624 del codice penale, prevedendo la procedibilità a querela della persona offesa del reato di furto, facendo salve unicamente, fra le complessive ipotesi di cui all’articolo 625 del codice penale, le aggravanti di cui ai numeri 7 e 7bis, ovvero se il fatto è commesso ‘su cose … destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità…’ o ‘su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia… e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica’”.

Il suggerimento per non far saltare i processi – Fuori dal linguaggio giuridico, se le Procure contestano ai 22500 indagati il furto semplice (come avviene di solito) serve la querela della società vittima del reato che, se non arriva, fa cadere tutte le accuse. Se, invece, le Procure applicano l’aggravante richiesta dalle società controllate dall’Enel, il reato è procedibile d’ufficio e quindi i processi vanno avanti. “È indubbio – scrivono i legali delle tre aziende ai procuratori – che gli impianti di distribuzione ed i contatori che ne costituiscono la parte terminale verso il cliente finale, siano apparati destinati all’esercizio del servizio pubblico, di cui le società di distribuzione sono titolari nei singoli territori e ciò comporti che l’aggravante correttamente applicabile sia quella del già richiamato n. 7 dell’articolo 625 del codice penale, che rende il reato, anche a valle dell’entrata in vigore della riforma legislativa, perseguibile d’ufficio. Va poi anche considerato che un fenomeno così esteso, come i furti di energia ha dirette ripercussioni sullo stesso interesse generale ad un corretto ed equilibrato funzionamento del sistema elettrico, che si basa proprio sull’esatto raffronto fra l’energia immessa nel sistema e quella rilevata presso i clienti finali, anche ai fini dell’applicazione delle relative imposte (iva, accise)”.

La richiesta alle procure – Enel Energia Spa, Servizio Elettrico Spa e E-distribuzione Spa, in sostanza, chiedono che le loro questioni possano essere “attentamente valutate” dalle Procure sottolineando che “la repressione di tali illeciti, pertanto, non è unicamente posta a tutela del patrimonio delle società di vendita (persone offese dal reato, lese direttamente nel mancato incasso dei consumi dell’energia elettrica sottratta) ma anche dello Stato e dei clienti che adempiono regolarmente al pagamento dei propri corrispettivi e sui quali finiscono per gravare anche gli oneri di chi non paga”. “Si deve poi sottolineare – concludono – che, con la repressione di questi reati, si contrastano anche quei pericoli per la incolumità personale, provocati da chi opera le manomissioni, anche nei riguardi di terzi che vengano successivamente a contatto con le apparecchiature manomesse e rese insicure dai primi”. Ecco perché applicare l’aggravante ai furti di energia, secondo le tre società controllate dall’Enel, risulta “conforme sia alla lettera della norma, che allo spirito della riforma Cartabia, che ha mantenuto la procedibilità d’ufficio per tutti quei furti in cui si ledano interessi più ampi”.

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