L’Ue sceglie la cautela, nonostante la rabbia di Pechino. Così il Meccanismo integrato europeo di risposta alle crisi (Ipcr), dopo una riunione di oltre sei ore, ha annunciato che i 27 Stati membri dell’Ue sono “fortemente incoraggiati” a introdurre il requisito di un test negativo fatto 48 ore prima della partenza per tutti coloro in arrivo dalla Cina. Una scelta che punta ad evitare che la nuova ondata di coronavirus che sta mettendo in crisi gli ospedali della Repubblica Popolare possa prendere piede anche nel Vecchio Continente.

L’Unione va così verso l’obbligo di tampone negativo entro 48 ore dalla partenza e di un altro all’arrivo in uno dei Paesi membri se si arriva dalla Cina. Scatteranno poi altre misure di contenimento e monitoraggio, dall’analisi con sequenziamento delle acque reflue dei voli, per individuare l’insorgenza di nuove varianti, la raccomandazione di mascherina a bordo dei voli dalla Cina e altri test a campione sui viaggiatori.

Bruxelles non si è fatta intimidire dalle proteste di Pechino contro una misura che ha definito “non scientifica” e “inaccettabile”, nonostante solo poche settimane fa fosse la Cina a imporre in arrivo quarantene rigide (e costose, visto l’obbligo di usare hotel dedicati), prima di decidere a dicembre di rinunciare alla politica della ‘tolleranza zero’, perseguita con insistenza nei tre anni della pandemia e all’origine anche di violente proteste nel Paese. “Prendiamo le misure che riteniamo giustificate in linea con l’evoluzione della situazione in Cina. Si basano sulle discussioni tra i nostri esperti e scienziati”, ha replicato la portavoce della Commissione, Dana Spinant, in attesa che le proposte degli esperti andassero al vaglio dell’Ipcr, convocato dalla presidenza svedese dell’Ue. Punti fermi: avere un “approccio coordinato”, con una “gran maggioranza di Paesi a favore dell’introduzione di test prima della partenza”, emersa già alla vigilia.

La cautela dell’Occidente arriva dopo le decisioni prese già da Paesi come Stati Uniti e Italia e sembra supportata dalla valutazione dell’Organizzazione mondiale della sanità: le statistiche ufficiali cinesi, ha affermato l’Oms, non sono al passo con la ripresa dell’epidemia nel Paese. “Riteniamo che le cifre attualmente pubblicate dalla Cina sotto-rappresentino il reale impatto della malattia in termini di ricoveri ospedalieri, ricoveri in terapia intensiva e soprattutto in termini di decessi”, ha affermato il responsabile dell’Oms per la gestione delle emergenze sanitarie Michael Ryan. Anche il Giappone ha deciso ulteriori controlli alle frontiere per chi arriva dalla Cina e da sabato i viaggiatori dovranno presentare un tampone negativo prima di imbarcarsi verso il Paese e sottoporsi a un ulteriore test all’arrivo.

L’Ue si è anche offerta di donare al Paese vaccini adattati alle varianti. Il ministero degli Esteri cinese ha però replicato di non aver bisogno dei vaccini europei rivendicando il rafforzamento dell’efficacia delle dosi nazionali, anche se per l’Oms la copertura vaccinale nel Paese è insufficiente, con solo il 40% delle persone oltre gli 80 anni coperta dalle tre dosi necessarie, rispetto all’83% di popolazione Ue completamente vaccinata. Il timore principale dell’Europa circa un’impennata di contagi in Cina è che possa essere di incubazione per l’insorgenza di nuove varianti. Ieri il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc) ha comunque affermato di non prevedere che l’ondata di casi Covid in Cina influirà sulla situazione epidemiologica del Covid-19 nell’Unione e che le varianti che circolano in Cina sono già in circolazione in Ue.

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