Una bomba da 50 gigatoni di anidride carbonica per un livello di emissioni che causerebbe danni per oltre 20mila miliardi di dollari e 11 milioni di morti, facendo superare il limite di riscaldamento di 1,5°C fissato dalle Nazioni Unite. È la stima contenuta in una ricerca pubblicata in anteprima italiana da ilfattoquotidiano.it ed elaborata dall’organizzazione non governativa BankTrack sulle emissioni che verrebbero generate dallo sfruttamento fino a esaurimento dei giacimenti di petrolio e gas del Qatar e sui loro effetti. Il paese ospita la Coppa del Mondo di calcio già definita ‘il mondiale del greenwashing, dopo che gli organizzatori hanno ripetuto più e più volte che la competizione sarebbe stata “carbon neutral”. Per BankTrack, invece, i giacimenti del Qatar sono ‘bombe al carbonio’ già finanziate dalle banche occidentali. Dietro questi giacimenti, c’è soprattutto QatarEnergy, partner della Coppa del Mondo e principale produttore di combustibili fossili del Paese, ma non è la sola coinvolta. Solo nel 2021, otto banche hanno fornito quasi 12 miliardi di dollari in servizi di sottoscrizione di obbligazioni alla compagnia petrolifera, che ha firmato accordi con le società europee e statunitensi Shell, TotalEnergies, ConocoPhillips, ExxonMobil ed Eni per espandere la produzione del North Field del Qatar, il più grande giacimento al mondo di gas non associato, ossia costituito quasi esclusivamente da gas naturale. “Puntare il dito solo contro il Qatar sarebbe troppo facile. Le banche che consentono a QatarEnergy di attivarle le bombe al carbonio sono anche responsabili dei danni e della mortalità causati da questi progetti” commenta Henrieke Butijn, attivista per il clima e ricercatrice di BankTrack.

Lo sfruttamento di gas e petrolio tra costi sociali e mortalità – Per stimare emissioni ed effetti dello sfruttamento dei giacimenti, i ricercatori di BankTrack hanno utilizzato l’analisi delle riserve di combustibili fossili del Qatar effettuata dalla compagnia petrolifera britannica BP, applicando ai dati due modelli sottoposti a peer-review, che valutano il costo sociale del carbonio e la sua mortalità. Il primo è frutto di una ricerca congiunta dell’Istituto europeo per l’economia e l’ambiente e dell’Università della California, pubblicata sulla rivista Nature Climate Change nel 2018. È stato sviluppato un data set che consente di quantificare il danno economico derivante da emissioni di anidride carbonica per ciascuno dei circa 200 Paesi del mondo. Secondo lo studio, il costo sociale della CO2 prodotta va da 117 agli 805 dollari a tonnellata, con una media di 417 dollari ogni mille chili, dunque più elevato di quanto si pensasse. Il costo sociale include i danni causati, per esempio, dal peggioramento della salute dei cittadini, dal calo della produttività agricola, dall’innalzamento del livello del mare e dalle conseguenze sulle aree costiere.

Il secondo modello, invece, è frutto dello studio ‘The mortality cost of carbon’, pubblicato nel 2021 e realizzato dall’Earth Institute della Columbia University, dove è stato calcolato il costo della CO2 in termini di vite umane: ogni 4.434 tonnellate di emissioni di CO2 oltre i valori del 2020, muore una persona. Significa che l’aggiunta di un milione di tonnellate ucciderebbe 226 persone. Da qui la stima finale degli effetti che produrrebbe lo sfruttamento di tutti i giacimenti del Qatar: 50 gigatoni di anidride carbonica porterebbero danni per oltre 20mila miliardi di dollari e 11 milioni di morti premature entro la fine del secolo (35 volte il numero di tutti i cittadini del Paese). Morti che non saranno distribuite in modo uniforme, ma riguarderanno soprattutto le comunità povere ed emarginate, che hanno pochissime responsabilità su emissioni e crisi climatica.

Il costo della Coppa del Mondo – D’altronde si calcola che l’estrazione di combustibili fossili del Qatar nel solo 2021 già causerà un danno di 200 miliardi di dollari, più o meno quanto il Paese ha speso in oltre un decennio per prepararsi a ospitare la Coppa del Mondo 2022. L’analisi arriva mentre la FIFA porta avanti la campagna #SaveThePlanet in Qatar, spiegando sul sito web che “la combustione di combustibili fossili è una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento climatico” ma, al contempo, permettendo la copertura di spazi pubblicitari a QatarEnergy in tutti gli stadi e durante tutte le partite. Secondo alcune stime, la Coppa del Mondo in Qatar produrrebbe comunque 3,6 milioni di tonnellate di biossido di carbonio, tanto che lo scienziato inglese Mike Berners-Lee, docente alla Lancaster University ed esperto di impronta di carbonio (nonché fratello del co-inventore del World Wide Web, Timothy John Berners-Lee, ndr) ha definito la Coppa del Mondo 2022 come “l’evento più inquinante mai messo in scena”. Per BankTrack, le emissioni dovute all’organizzazione della competizione sportiva sono migliaia di volte inferiori a quelle causate dalla più grande bomba al carbonio del Qatar, il North Field.

La più grande ‘bomba a carbonio’ del Qatar – Di fatto, circa il 70% di quelle 50 gigatonnellate di emissioni di anidride carbonica prodotte con lo sfruttamento di tutti i giacimenti del Paese, proviene proprio dal North Field, il più grande giacimento di gas non associato al mondo che dovrebbe iniziare la produzione entro la fine del 2025. A giugno 2022, il ministro dell’Energia, nonché presidente e amministratore delegato di QatarEnergy, Saad Sherida Al-Kaabi e l’ad di Eni, Claudio Descalzi, hanno firmato l’accordo di partnership per la creazione di una Joint Venture di cui QatarEnergy deterrà una quota del 75%, mentre Eni il restante 25%. La Joint venture, a sua volta, deterrà una partecipazione del 12,5% nel progetto North Field, che dovrebbe ampliare la capacità di esportazione di GNL del Qatar dagli attuali 77 milioni di tonnellate all’anno (MTPA) a 110 MTPA, con un investimento di 28,75 miliardi di dollari.

La responsabilità di compagnie e banche occidentali – Anche Shell, TotalEnergies, ConocoPhillips ed ExxonMobil hanno firmato accordi di partnership con QatarEnergy negli ultimi mesi per espandere il North Field, mentre dopo la Cina anche la Germania ha firmato un accordo per la fornitura di GNL. Dal 2026 Berlino ne riceverà 2,7 miliardi di metri cubi all’anno per 15 anni. Il sostegno finanziario per QatarEnergy arriva anche dalle banche, tanto che i proventi delle emissioni obbligazionarie sottoscritte da JPMorgan Chase, Citi, HSBC, Deutsche Bank, Goldman Sachs, MUFG, Credit Suisse, and Bank of America, saranno utilizzati anche per lo sviluppo del North Field. Anche “Shell, TotalEnergies, ConocoPhillips, ExxonMobil ed Eni possono contare su miliardi di prestiti del settore bancario. I maggiori sostenitori di queste compagnie – scrive l’organizzazione – sono BNP Paribas, Morgan Stanley, Barclays, Crédit Agricole, Citi, JPMorgan Chase, UniCredit, Intesa Sanpaolo, Bank of America e TD Bank”. Nella lista, anche le banche con alcune politiche in atto per ridurre i finanziamenti per progetti legati a petrolio e gas, come BNP Paribas e UniCredit.

twitter: @luisianagaita

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