di Sara Albiani*

Nei media e nel dibattito pubblico, l’attenzione sulla pandemia da Covid-19 è ormai diminuita e sostituita dalla tragedia della guerra in Ucraina e dalle questioni di politica interna. Tuttavia il virus è ancora tra noi con una media nell’ultima settimana di più di 500.000 casi al giorno a livello globale e un numero di vittime che rimane ancora molto alto.

I vaccini hanno evitato 20 milioni di morti, cruciali le terapie per proteggere dalla malattia grave

Le tecnologie mediche per contrastare il virus ormai ci sono, sono consolidate, sicure ed efficaci. Non solo i vaccini che – secondo uno studio pubblicato sul “The Lancet Infectious Diseases” – hanno evitato quasi 20 milioni di morti in tutto il mondo nel primo anno dalla loro introduzione.

Oggi, infatti, abbiamo a disposizione delle terapie antivirali avanzate contro gli esiti più gravi della malattia Covid-19. Per essere somministrate devono ovviamente essere precedute da una diagnosi di positività al virus che può essere effettuata con i tamponi, strumenti indispensabili di individuazione del contagio. L’accesso a questi strumenti continua però ad essere caratterizzato da profonde disuguaglianze.

Nei Paesi poveri è ancora vaccinata meno del 20% della popolazione

La percentuale della popolazione vaccinata con ciclo primario completo è ancora sotto il 20% nei Paesi a basso reddito, mentre in quelli ad alto reddito si supera il 74%, nonostante più di un anno fa la comunità internazionale si fosse impegnata a garantire l’accesso in qualsiasi parte del mondo ad almeno il 70% della popolazione entro la metà del 2022. Obiettivo evidentemente fallito.

Ancora nessun accordo per la sospensione dei brevetti su test e terapie

Lo scorso giugno l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) ha raggiunto un accordo che dovrebbe rendere più semplice l’utilizzo delle licenze obbligatorie per la produzione di vaccini anti Covid 19 generici. La decisione di giugno richiedeva agli Stati membri di prendere una decisione anche su test diagnostici e trattamenti entro dicembre 2022. Ma i negoziati, purtroppo, sono tutt’ora in corso e la riunione della scorsa settimana del Consiglio dell’Omc sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trips) non è arrivata ad una decisione in merito.

Seppur l’accordo di giugno sia stato deludente – rispetto alla proposta lanciata da Sud Africa e India solo pochi mesi dopo l’inizio della pandemia, per la sospensione temporanea di tutte le regole a tutela della proprietà intellettuale relativa a vaccini, test e terapie contro il Covid 19 – rappresenta comunque un passo in avanti, anche se incompleto, che è tuttavia necessario estendere alle tecnologie sanitarie per la diagnosi e la cura.

I Paesi ricchi si sono già assicurati il triplo delle dosi dell’antivirale Pfizer, rispetto ai Paesi a basso e medio reddito

L’enorme disuguaglianza nell’accesso ai vaccini si sta infatti ripetendo per quanto riguarda gli antivirali. I Paesi ricchi si sono già assicurati il triplo delle dosi di Plaxovid – il principale anti-virale in commercio prodotto da Pfizer e raccomandato dall’Organizzazione mondiale della Sanità – rispetto ai Paesi a basso e medio reddito, nonostante questi rappresentino l’84% della popolazione mondiale e abbiano un tasso di vaccinazione, e quindi di protezione dalla malattia grave, di gran lunga inferiore.

I problemi sono sempre gli stessi: solo le aziende farmaceutiche che detengono il brevetto su un farmaco sono titolate a produrlo (a meno di concessioni volontarie di licenze) e per massimizzare i profitti lo vendono al miglior offerente. In altre parole a chi è in grado di pagare il prezzo più alto da loro imposto sulla base del monopolio, che l’esclusività del brevetto concede loro. Alcuni Paesi a medio reddito, infatti, potranno arrivare a pagare per un ciclo di Plaxovid fino 250 dollari a dose, ossia 10 volte il costo di un farmaco generico equivalente.

L’importanza di test e anti-virali nei Paesi a basso reddito

I trattamenti anti-virali orali sono facili da somministrare e sarebbero fondamentali nei Paesi a basso e medio reddito, dove non ci sono strutture sanitarie in grado di fronteggiare nuovi picchi di contagi. Certo è che per poter somministrare una terapia contro il Covid-19 è necessaria la diagnosi, quindi l’accesso alle terapie e ai tamponi sono parte dello stesso problema. Nei Paesi a basso reddito si somministra appena 1 test per ogni 50 somministrati nei Paesi ad alto reddito.

Nel garantire un accesso equo ai vaccini abbiamo fallito: in ritardo e con armi spuntate stiamo cercando di rimediare. Non possiamo farlo su diagnosi e terapie, che sono aspetti diversi di un problema unico: la salute pubblica deve prevalere sugli interessi commerciali, non si può consentire che siano le aziende a decidere dove, quando, a chi e a quanto vendere gli strumenti di lotta alla pandemia che possono salvare vite.

L’appello all’Organizzazione Mondiale del Commercio

Per questo, come Oxfam, lanciamo un appello agli Stati membri dell’Omc, affinché avanzino nei negoziati e concordino un’estensione della deroga sulle norme di proprietà intellettuale che includa i trattamenti e i test, tale da consentire ai Paesi in via di sviluppo, di produrre per i propri cittadini e di esportare garantendo cure essenziali a prezzi contenuti.

*policy advisor su salute globale di Oxfam Italia

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