di Michele Sanfilippo

Da quando i Ds prima e il Pd poi hanno progressivamente spostato il loro baricentro da sinistra verso il centro, in questo costantemente sospinti da tutta la stampa mainstream, non solo hanno tradito le aspettative di chi sperava in politiche a tutela dei più deboli, ma di fatto hanno costituito un ostacolo nei confronti di chiunque tentasse di attuarle. Mi riferisco a persone come Civati, Bindi, Fassina, Bersani, per fare degli esempi, che sono usciti (ma, in pratica, espulsi come corpi estranei) dal partito.

A partire dai primi anni del 2000 il susseguirsi delle crisi economiche, ambientali e perfino sanitarie (Covid) ha determinato l’impoverimento di porzioni sempre più ampie della popolazione. Alla loro richiesta di protezione sociale, una vera formazione di sinistra avrebbe dovuto rispondere con poderose iniziative a sostegno del welfare. Il maggior partito della sinistra italiana, invece, s’è guardato bene dal proporle. Anzi, quando era a guida Renzi ha puntato su politiche dichiaratamente neoliberiste o, per dirla proprio con Renzi (ma anche Fassino), “Con Marchionne senza se e senza ma”.

Ma anche prima di Renzi l’orientamento non era molto diverso, caratterizzato da una costante tendenza a privatizzare i servizi pubblici. Per chi, come me, da tempo aspetta una vera proposta politica di sinistra per il paese, Letta sembra inconsapevolmente essere l’uomo della provvidenza. Provo a spiegare meglio.

Prima ha condotto la più sconsiderata delle campagne elettorali, puntando sul campo largo ma con il risultato di tagliare i ponti sia a destra che a sinistra. Dopo il disastroso risultato elettorale, con la capacità decisionale, ha quindi fissato il prossimo congresso, che dovrebbe dare una nuova identità al partito, a solo sei mesi di distanza. Peccato che parrebbe aver dimenticato che prima del congresso ci saranno le elezioni regionali in Lombardia e Lazio, due piccole regioni, evidentemente marginali ai suoi occhi.

Ovvio che in questo frangente il Pd, già privo di una sua identità, sia diventato terreno di caccia da parte di Calenda e Renzi da una parte, che cercano di ricostituire la Democrazia Cristiana, e Conte dall’altra, che sembrerebbe aver l’ambizione di diventare il punto di riferimento di chi pensa che si debbano fare politiche economiche e sociali di stampo diverso da quelle neoliberiste. In questo quadro è elevata l’eventualità che i dirigenti del Pd, che andranno a congresso nel marzo prossimo, per quella data non rappresentino più nessuno.

Bravo Letta, missione compiuta.

Del resto, il Pd è (era?) un partito che ha perso la propria spinta ideale ma, soprattutto, ha perso il contatto con il mondo reale. Sarebbe bastato fare un giro nei mercati a fine giornata per vedere quantità sempre più numerose di persone che raccattano gli avanzi della giornata. Oppure fare un giro nelle periferie di una grande città per vedere tantissime famiglie che non riescono a pagare le bollette.

Inoltre, è mancata del tutto l’attenzione ai problemi ambientali la cui soluzione non può più essere procrastinata. Del resto, la frattura con il Movimento 5 stelle prima delle elezioni, per esempio, è scaturita proprio dall’inopinata proposta del Pd di costruire un termovalorizzatore a Roma.

Meglio così: forse con un Pd così debole, dopo tanto tempo si affaccia l’opportunità per la costituzione di un soggetto politico capace di dare priorità all’ambiente, al lavoro, all’equità sociale e alla giustizia. Solo così si potrà dare voce a chi non ce l’ha o a chi ha smesso di votare per mancanza di rappresentanza. Non so se questo soggetto possa nascere attorno o con il Movimento di Conte, che non è più quello del 2018, ma mi auguro che si sappiano mettere da parte i personalismi per dare priorità ai contenuti rispetto al contenitore.

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