Un altro suicidio in carcere, il settantaduesimo dall’inizio dell’anno. Facendo le proporzioni, è come se in Italia nella società libera quasi 80.000 persone avessero scelto di togliersi la vita (i suicidi nel nostro Paese sono meno di 4.000 l’anno). Sarebbe considerata un’emergenza nazionale e non si parlerebbe di altro.

Il ragazzo che si è impiccato stamattina nel carcere di Torino era dentro per aver rubato un paio di cuffiette bluetooth. Era stato arrestato due giorni fa. Molti tra coloro che si sono suicidati in carcere negli ultimi mesi erano giovani arrestati per piccoli o piccolissimi reati.

La nuova premier Giorgia Meloni nel rispondere all’intervento di Ilaria Cucchi durante il voto di fiducia al Senato ha riconosciuto il problema dei suicidi in carcere e ha sostenuto che bisogna costruire nuove strutture per evitare il sovraffollamento e che ci vuole la certezza della pena. Prendiamo atto della sua presa di coscienza rispetto alla drammaticità del tema. Ma è davvero quella la soluzione?

A questo deve servire il carcere? Le nuove strutture dovrebbero rinchiudere altri pericolosi criminali che rubano una cuffietta bluetooth e che al secondo giorno non reggono la galera e si mettono un cappio al collo? Il carcere dovrebbe costituire la risposta estrema del sistema penale, da riservarsi alle situazioni più gravi. Chi conosce le galere sa invece che esse sono piene di disperati, di persone senza reti sociali, di emarginati, di poveri, di senzatetto, di tossicodipendenti, di immigrati, di malati psichiatrici: di tutti coloro alle cui vite un welfare sempre più dismesso ha rinunciato.

Ma anche guardando più prosaicamente alla real politik, la premier Meloni sa bene che ogni piano di edilizia penitenziaria è una promessa ben difficile da mantenere. Oggi mancano quasi 9.000 posti letto affinché in carcere non ci sia sovraffollamento. Le carceri che funzionano non devono mai avere più di 250 posti. Quindi avremmo bisogno (per ora: il numero dei detenuti varia rapidamente) di 35 carceri.

Per costruirne una di tali dimensioni ci vogliono circa 25 milioni di euro. Quindi servirebbero quasi 900 milioni di euro sull’unghia. Poi il carcere va riempito: agenti, direttori, educatori, bollette, brandine. Migliaia di persone e servizi per milioni e milioni di euro. Non credo che il governo ne potrà spendere.

Con maggiore lungimiranza il ministro Carlo Nordio ha parlato dell’importanza di usare pene alternative. Non si tratta di incertezza della pena, ma di certezza di un altro tipo di pena. Il carcere non è la sola pena possibile.

La strada da prendere è quella della depenalizzazione e della decarcerizzazione. Magari un ragazzo che ha rubato un paio di cuffiette e non ha sopportato due giorni di galera adesso sarebbe ancora vivo.

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