È stato accolto il patteggiamento dei titolari della ditta in cui lavorava Luana D’Orazio, l’operaia morta il 3 maggio del 2021 mentre lavorava all’orditoio. La giudice per l’udienza preliminare, Francesca Scarlatti, ha accolto il patteggiamento su cui avevano concordato pubblica accusa e legali di due dei tre imputati per il decesso della 22enne, accusati di omicidio colposo e rimozione di cautele antinfortunistiche.

La sentenza prevede 2 anni di reclusione per Luana Coppini, titolare della dita in cui è avvenuto l’incidente mortale, e un anno e sei mesi per il marito Daniele Faggi, titolare di fatto. Entrambe le pene prevedono la sospensione condizionale.

La proposta di patteggiamento della difesa dei due imputati è stata concordata con la procura, che ha posto come condizione l’effettivo pagamento del risarcimento stabilito in circa di un milione di euro.

La giudice ha anche deciso di rinviare a giudizio il terzo imputato per la morte di D’Orazio, il manutentore Mario Cusimano che affronterà il processo per l’accusa di omicidio colposo e rimozione dolosa di cautele antinfortunistiche.

La mamma di Luana D’Orazio, Emma Marrazzo, uscendo dall’udienza, ha detto che sperava “in una pena più giusta” e di essere “molto delusa“. “Si tratta di una sentenza molto celere che si poggia su due pilastri e non è affatto scandalosa, come pure ho sentito dire sui social, ma giusta”, ha invece commentato l’avvocato Alberto Rocca, che difende assieme a Barbara Mercuri i due imputati che hanno patteggiato.

Secondo gli accertamenti effettuati dal consulente nominato dagli inquirenti, l’ingegner Carlo Gini, l’orditoio per la campionatura al quale lavorava Luana D’Orazio aveva i dispositivi di sicurezza disattivati. L’incidente sarebbe avvenuto mentre il macchinario viaggiava ad alta velocità, una fase in cui le saracinesche di protezione dovrebbero rimanere abbassate. Ma non solo. Lo stesso macchinario era utilizzato in maniera non conforme. La 22enne, infatti, secondo la perizia, rimase agganciata a una sbarra che sporgeva più del dovuto rispetto a quanto stabilito dal costruttore. Trascinata dentro al motore, tirata per la maglia, il corpo di D’Orazio girò per due volte “in un abbraccio mortale”, come scrisse Gini nella perizia. Dopo 7 secondi il compagno di lavoro intervenne spegnendo il macchinario. La giovane donna a quel punto era già morta a causa dello “schiacciamento del torace”. Il blocco del cancello di sicurezza dell’orditoio di D’Orazio, mamma di un bambino di 5 anni, avrebbe fruttato l’8% di produzione in più rispetto a un macchinario con il dispositivo di sicurezza integro. Una percentuale che però, secondo l’approfondimento disposto dalla procura di Prato, non avrebbe fruttato “alcun guadagno per l’azienda”, essendo quello un macchinario da campionatura.

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