I guai per la premier inglese Liz Truss, travolta dalle critiche dall’opposizione ma anche dagli stessi colleghi di partito che già giorni meditano di silurala, non finiscono mai. L’ultimo e nuovo scossone nel governo Tory britannico riguarda la decisione di sacrificare un altro falco della compagine esecutiva, la controversa ministra dell’Interno anti immigrazione, Suella Braverman, dopo aver liquidato la settimana scorsa il cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng. Braverman è destinata a essere sostituita dal più moderato Grant Shapps, già ministro dei Trasporti con Boris Johnson e poi sostenitore di Rishi Sunak contro la stessa Truss. La prima ministra è impegnata a cercare di salvarsi a meno di due mesi dall’arrivo a Downing Street dopo il clamoroso flop e la marcia indietro in materia fiscale.

La notizia, diffusa inizialmente dal Guardian, è stata poi confermata anche dalla Bbc, che ha citato fonti di Downing Street secondo le quali Braverman non è stata tecnicamente silurata, ma si è dimessa dopo un colloquio con Truss. Braverman, che aveva denunciato come un “golpe” le pressioni esercitate nei giorni passati sulla premier per costringerla a rinunciare alla mini manovra finanziaria con tagli di tasse in deficit del 23 settembre, e a sostituire Kwarteng con il più cauto nuovo cancelliere Jeremy Hunt, si sarebbe fatta da parte non per un contrasto di linea politica, secondo la Bbc. Bensì dopo aver ammesso di fronte alla premier “un errore” in buone fede rispetto ai programmi di governo attuali. La sua sostituzione con Shapps sposta comunque gli equilibri del top team del gabinetto su posizioni meno ideologicamente radicali e più vicine al pragmatismo dell’ex cancelliere Sunak: avversario numero uno di Liz Truss nella sfida dei mesi scorsi per la successione all’allora dimissionario Boris Johnson come leader Tory e primo ministro.

Non bastasse la bufera politica e finanziaria la premier si trova a fare i conti anche con una grana interna al proprio entourage più ravvicinato. Jason Stein, uno dei suoi consiglieri chiave, addetto alla gestione dei rapporti con i media: sospeso oggi dallo staff di Downing Street, e deferito a un organismo interno nell’ambito di un’inchiesta disciplinare, per aver sparso “insulti” – in una serie di briefing informali riservati ai giornalisti – nei confronti di deputati dello stesso Partito Conservatore sospettati di slealtà. Stando a quanto trapelato sui media, sulla scia delle indiscrezioni alimentate domenica anonimamente da uno di questi briefing attraverso le colonne del Sunday Times, Stein avrebbe in particolare bollato come “una merda” (“shit”) l’ex ministro Sajid Javid, pezzo da 90 del gruppo parlamentare Tory: giustificando così la scelta di Truss di designare non lui, ma un proprio avversario di corrente come Jeremy Hunt per la sostituzione sulla poltrona di cancelliere dello Scacchiere di Kwasi Kwarteng, ex super ministro dell’Economia travolto la settimana scorsa dalla reazione devastante dei mercati al fallimentare pacchetto fiscale iperliberista inizialmente annunciato dal suo governo. Un portavoce della premier si è limitato da parte sua a confermare che Stein sarà giudicato dal dipartimento etico dell’Ufficio di Gabinetto, dopo la denuncia di sue presunte parole “completamente inaccettabili”. L’ormai ex consigliere è uno spin doctor molto noto a Westminster: in passato ha curato i rapporti con i media per conto proprio di Hunt, di un’altra ex ministra Tory moderata come Amber Rudd e – ancor prima – del chiacchieratissimo principe Andrea, terzogenito della defunta regina Elisabetta.

Ai guai interni all’interno del governo e del partito si aggiunge il duro attacco del leader dell’opposizione laburista Keir Starmer nel Question Time del mercoledì alla Camera dei Comuni, la quale a sua volta ha insistito di essere “una combattente” e di non volersi arrendere. Starmer ha irriso le promesse della premier “che non durano una settimana”, elencando tutti gli impegni rimangiati di recente, incluso quello ribadito solo 7 giorni fa sui 2 anni di sussidi contro i rincari delle bollette energetiche (ora ridotti a 6 mesi, come suggerito da tempo dallo stesso Labour), e ha aggiunto che le scuse non bastano a giustificare il governo di fronte a “un caos” che ha prodotto fra l’altro l’impennata degli interessi “sui mutui”. Per questo ha rilanciato la richiesta di dimissioni, in un’aula rovente, sostenendo che Truss non può restare “al suo posto”. La premier da parte sua ha ripetuto le sue scuse, ma si è giustificata con la necessità di adeguarsi “alla realtà” della situazione economica attuale. Quindi ha confermato di non avere intenzione al momento di dimettersi, rinfacciando alle opposizioni di “non avere alcun piano. Io sono una combattente non una che si arrende”,

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