Le grandi aziende dovrebbero avere le stesse responsabilità degli Stati nella tutela del clima? Per l’avvocata tedesca Roda Verheyen, che da anni porta in tribunale, insieme a cittadini e a ong ambientaliste, le multinazionali tedesche per le loro emissioni di Co2, la risposta è sì. Nel corso della sua carriera sono finite nel suo mirino già Volkswagen, Bmw Mercedes, ma anche il Federal Climate Protection Act, il piano climatico federale tracciato nel 2019 dal governo Merkel. Lo scorso anno il team di Verheyen era riuscito a farlo dichiarare incostituzionale dalla Corte suprema tedesca. Non tutte le cause hanno gli stessi risultati, ma l’ultima che ha seguito – quella del contadino peruviano Saúl Luciano Lliuya contro il gigante dell’elettricità Rwe – ha segnato un precedente importante per i casi in cui la legge civile si può applicare alle emissioni delle compagnie private e al loro impatto sulla vita delle persone. “Nel dibattito pubblico c’è questo grande non detto per il quale sembra che solo i governi e i legislatori possano fare qualcosa” per la crisi ecologica – ha spiegato Verheyen al Fatto.it – Ma non è vero: le grandi aziende in Italia, Francia, Germania e Stati Uniti hanno moltissimo potere, sia sul mercato globale sia sul clima”.

Dal 2015 a oggi sono state più di 1.200 le azioni legali sugli effetti del cambiamento climatico. Quasi il doppio rispetto a quelle depositate nel periodo tra il 1986 e il 2014 (800). Dati che emergono dal rapporto Global trends in climate change litigation, aggiornato a maggio 2022, del database del Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment, un istituto di ricerca della London School of Economics. Circa il 25% delle cause è stata presentata negli ultimi tre anni. La maggior parte cerca di mettere all’angolo i governi per le loro politiche inadeguate, come la più recente in Russia. O come il “People climate case” del 2018, in cui 11 famiglie da Italia, Portogallo, Germania, Africa e altri Stati europei aveva chiesto un risarcimento alle istituzioni di Bruxelles per i danni provocati dalle politiche inadeguate sulla crisi climatica ai loro campi o alle loro fattorie. “Sta diventando sempre più chiaro che la crisi climatica è un problema di diritti umani, ma riguarda nel concreto la sicurezza delle persone, delle loro proprietà, dei loro redditi e la loro libertà” spiega Roda Verheyen, che ha rappresentato parte dei querelanti in quella causa. Per questo, più che guardare al passato e al bilanciamento, in termini di giustizia climatica, tra nord e sud del mondo, “noi guardiamo da adesso in avanti” come le azioni sul clima presenti influenzeranno il futuro.

Il problema delle emissioni però non riguarda soltanto gli Stati, ma anche le grandi compagnie private, che spesso si arricchiscono con modelli di business altamente inquinanti. “Le emissioni globali non dipendono da una sola automobile. Abbiamo bisogno di cambiare tutto il sistema” afferma l’avvocata. Non è impossibile: a giugno, 2021 il Tribunale dell’Aja, nei Paesi Bassi, ha obbligato il gigante petrolifero francese Shell a “diminuire entro il 2030 le sue missioni di gas serra del 45% rispetto ai parametri del 2019”. “Hanno dovuto realizzare un cambiamento globale del proprio business. Noi vogliamo far fare lo stesso a Volkswagen e gli altri – afferma Verheyen – Non è possibile permettere ancora che vengano vendute auto che emettono così tanto”.

L’obiettivo delle azioni legali contro le aziende però ha anche un’ambizione ulteriore. Insieme a Greenpeace, Germanwatch e le ong ambientaliste in Germania, “stiamo cercando di ottenere una sentenza che aiuti a stabilire, nella nostra Costituzione, che i grandi emettitori privati sono importanti come gli Stati. Quindi, proprio come loro, devono osservare i limiti sulla produzione di gas serra”. Le cause sul clima “sono solo una piccola parte di quello che potremmo fare per proteggere il clima – continua – I media, per esempio, dovrebbero aiutarci a chiedere risposte alla politica e ai grandi manager, chiedere ‘Stai solo producendo brochures patinate o fai davvero qualcosa?’”. A livello di opinione pubblica però questi casi “stanno diventando sempre più noti e riescono a portare l’attenzione sui target climatici anche degli organi legislativi”, almeno nel panorama tedesco. Verheyen spera possa avvenire lo stesso anche nella vertenza contro Rwe, per cui una prima decisione è attesa per la fine dell’anno. “Per la prima volta siamo riusciti a inserire il concetto di rischio, rischio di frane e inondazioni causati dalle emissioni. Ora i giudici dovranno decidere se è un pericolo abbastanza concreto per un risarcimento”. Indipendentemente da come andrà però non sarà l’ultimo capitolo per sfida all’emergenza ecologica: “Ci sarà un’altra causa, e poi un’altra e un’altra ancora”.

*Foto di Andrea Podbevsek

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