Moda e Stile

Milano Fashion Week, il momento clou? La sfilata dei gemelli di Gucci e le parole di Alessandro Michele: “Sono figlio di due mamme, donne straordinarie”

Il genio del direttore creativo del brand toscano ma anche il lavoro di Matthieu Blazy nella sua seconda collezione per Bottega Veneta, con un focus sul rapporto che esiste tra il prodotto di moda e il contenitore di senso che lo racchiude: quello che ricorderemo di questi giorni di passerelle milanesi

di Ilaria Mauri

Un tempo, al termine di ogni Fashion Week, si era soliti riguardare le sfilate, scandagliando il lavoro dei singoli stilisti per estrapolare le tendenze. Adesso questo è diventato un compito assai arduo, non solo perché il mondo della moda è riuscito a scardinare e superare il concetto di “classificabile”; ma soprattutto perché stiamo assistendo ad un cambio generazionale all’interno di tanti “big” brand, con i nuovi designer che sono sempre più concentrati in uno sforzo creativo continuo che possa coniugare ispirazione personale, interesse del mercato e, in alcuni casi, anche un impegno sul fronte politico-sociale. Il tutto in un contesto contemporaneo che, a discapito dei buoni propositi espressi in tempo di pandemia, ha ripreso a correre freneticamente, imponendo vita breve ai prodotti, che in men che non si dica passano dall’essere oggetti di culto celebrati da influencer e celebrities al dimenticatoio. Sicuramente, però, la Settimana della Moda che si è appena conclusa a Milano, è un termometro assai efficace per tastare il polso della moda, non solo italiana.

In primis per la vastità e varietà degli appuntamenti in calendario – decisamente troppi, con un richiamo internazionale che ha attratto in città star del calibro di Cate Blanchett e Lauren Hutton, ma anche Jessica Chastain, Caroline Daur, Bianca Balti, Paris Hilton e Kim Kardashian, solo per citarne alcune. Ma poi soprattutto per la centralità che hanno avuto i “giovani”, sia gli stilisti della nuova generazione che prima seguivamo come “talents” e ora invece sono a capo della direzione creativa di alcune delle case di moda più importanti, come Marco De Vincenzo con Etro, Maximilian David e Ferragamo, Filippo Grazioli e Missoni, Andrea Incontri con Benetton e Rhuigi Villasenor per Bally; sia i cosiddetti “emergenti”, da Cormio a Marco Rambaldi, Giada, Ac9 e Quira, con Valentino che ha sostenuto la sfilata di Act. n.1. e Dolce e Gabbana quella di Matty Bovan. E, cosa tutt’altro che secondaria, c’è stato un grande desiderio di spezzare le sbarre della gabbia dorata in cui la moda si è rinchiusa per tutti questi anni per aprirsi al grande pubblico: Glenn Martens ha presentato la sua seconda collezione per Diesel all’Allianz Cloud Arena, applaudito dai suoi dipendenti, dagli studenti e da duemila fortunati che erano riusciti ad accaparrarsi un posto per la sfilata; anche Philosophy ha sfilato con alcuni fan tra gli spettatori e Moncler ha addirittura organizzato un evento colossale in piazza Duomo per celebrare i suoi 70 anni. Nonostante il primo freddo autunnale, la pioggia battente e la visibilità non ottimale, in 18mila hanno affollato la piazza e la Galleria per assistere allo show.

Tra le cose che sicuramente ricorderemo, c’è poi sicuramente la sfilata dei gemelli di Gucci: per la collezione Primavera/Estate 2023, il genio di Alessandro Michele è partito da un dato familiare per affrontare una riflessione ontologica sul tema del rapporto tra io e altro. Lo ha fatto facendo sfilare in passerella 68 coppie di gemelli che è andato a ricercare nella cittadina americana di Twinsburg, in Ohio (da qui il nome della collezione), famosa per essere, appunto, “la città dei gemelli”. “Sono figlio di due madri: mamma Eralda e mamma Giuliana. Due donne straordinarie che hanno fatto della gemellitudine il sigillo ultimo della loro esistenza. La grazia del loro amore duplicato ed espanso ha da sempre prodotto in me una fascinazione per il doppio, per ciò che sembra riflettersi uguale a se stesso. È in questa moltiplicazione speculare che colgo ogni volta un’aura di bellezza, così familiare e potente. Un miracolo pieno di tremore che sfida l’Impossibile”, spiega lo stilista che fa sfilare scomposti e ricomposti. Entra negli annali anche la collaborazione assolutamente unica nel suo genere che Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno fatto con Kim Kardashian per la P/E 2023 di Dolce e Gabbana: su imput dell’influencer che ha selezionato una serie di abiti dagli archivi della Maison dal 1987 fino al 2007, i due stilisti hanno eseguito un magistrale esercizio di stile, riproponendo quegli stessi capi oggi. I pezzi sono identici agli originali, semplicemente ricreati e fatti sfilare in passerella in una sorta di mostra di moda vivente.

Un ottimo lavoro è anche quello fatto da Matthieu Blazy nella sua seconda collezione per Bottega Veneta, con un focus sul rapporto che esiste tra il prodotto di moda e il contenitore di senso che lo racchiude; e da Lucie e Luke Meier, i direttori creativi di Jil Sander, che hanno fatto sfilare sotto la pioggia, in un campo sperduto appena fuori Milano, abiti di un’eleganza pulita e raffinatissima, costruiti di purezza e impreziositi da una manciata di cristalli, rispolverando un canone di bellezza spesso sopito. Miuccia Prada e Raf Simons hanno elevato all’ennesima potenza la loro ricerca di essenzialità: in questa collezione Primavera/Estate 2023, i vestiti sono il completamento di un pensiero più profondo, “ruotano attorno al concetto di semplicità, che ci attrae dal punto di vista politico, teorico ed estetico”, come hanno spiegato i due designer. Donatella Versace ha fatto il suo compito, alla perfezione come sempre, mixando pelle, borchie e denim sfrangiato e con lo chiffon, il jersey e persino una tiara, perché la loro donna sia “una Dea della Libertà”. Del supremo “Re” Giorgio Armani con la sua collezione “dorata” ne abbiamo già parlato qui, in più ora vi diciamo che gli è valsa il “Visionary award” ai CNMI Sustainable Fashion Awards 2022, gli “Oscar” della moda sostenibile. Qui trovate l’analisi anche dei debutti di Maximilian Davis da Ferragamo e di Rhuigi Villasenor per Bally, entrambi promossi; sono solo all’inizio del loro lavoro di risignificazione dell’heritage di Trussardi i Serhat Isik e Benjamin A. Huseby, alla loro seconda collezione, caratterizzata da linee minimali, sensualità, pelle e ispirazioni anni ’80. Vale poi la pena spendere due parole per l’esordio di Filippo Grazioli da Missoni. Lo stilista 41enne ha interiorizzato i canoni del brand lombardo riproponendone gli stilemi secondo un nuovo alfabeto, dalla C di Colore alla L di Luce fino alla N di Nodi, nuovo pattern simbolo di questa collezione P/E 2023. Infine, tra gli eventi collaterali che

Da Milano e tutto, ci aggiorniamo nei prossimi giorni dalle passerelle della Paris Fashion Week.

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