“L’inserimento del reddito di cittadinanza quale reddito minimo nel nostro Paese è un elemento di civiltà che ha avuto un effetto straordinario sul contenimento della povertà. Tutti i dati ci confortano su questo, dopodiché si può e si deve fare di più sulle politiche attive del lavoro. Ma questo vale anche per chi ha la Naspi, di cui abbiamo 2 milioni di percettori, che, anzi, sono quelli più vicini al mercato del lavoro“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio24, dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che aggiunge ironicamente: “Oltre ai percettori della Naspi, abbiamo anche tante persone che prendono altri sussidi. Anche per loro sarebbe necessario e utile avere le stesse attenzioni sulle politiche attive che si hanno per i percettori del reddito di cittadinanza”.

Tridico spiega che né il reddito di cittadinanza, né la Naspi abbiano prodotto effetti distorsivi nei confronti del rifiuto del lavoro: “Soltanto un terzo dei beneficiari del reddito di cittadinanza è occupabile. Gli altri sono disabili, minorenni e persone che non hanno mai lavorato. Su questi si dovrebbe certamente investire in termini di inclusione e di formazione, spesso anche di base, visto che parliamo di persone spesso poco scolarizzate“.
E sottolinea: “Riguardo al lavoro, il tema è molto complesso e interessa milioni di persone in tutto il mondo. Soprattutto nei Paesi avanzati, molti lavori esposti, in particolare dopo il Covid, hanno un costo opportunità maggiore, tanto che abbiamo registrato un fenomeno mondiale noto come “le grandi dimissioni”. E ciò ha riguardato tanti settori come la sanità. Ora, come diceva Adam Smith, la contrattazione e il libero mercato devono agire sopra certe soglie, non sotto. Il 23% dei lavoratori – continua – prende meno del reddito di cittadinanza, eppure lavora. Abbiamo il 20% dei percettori del reddito di cittadinanza che ha continuato a lavorare in questi tre anni, anzi ha anche aumentato la sua partecipazione al mercato del lavoro. Non c’è un effetto scoraggiamento di quelli che possono lavorare nel programma del reddito di cittadinanza. Bisogna agire sui salari. E’ una grande sfida che tutti dobbiamo affrontare. La si affronti coi mezzi migliori possibili e condivisi da tutti ma la si affronti”.

Il presidente dell’Inps poi si sofferma sul tasso di occupazione al 59%: “Purtroppo è un dato che c’è da 30 anni. Questo certifica il fallimento della politica italiana da 30 anni a questa parte sul lavoro. Le riforme del mercato del lavoro, nei decenni scorsi, sono state tantissime ma hanno mancato gli obiettivi. E questo si fa sentire sui salari – prosegue – un lavoratore su 3 ha un salario sotto i mille euro al mese e il 28% dei lavoratori dipendenti ha un salario inferiore ai 9 lordi all’ora. E questo poi ha un impatto sulle pensioni: abbiamo il 40% dei pensionati che ha pensioni sotto i 1000 euro lordi. Bisogna creare lavoro buono, bisogna creare lavoro dignitoso. La questione dei salari impone l’aumento degli stessi“.

Tridico conclude, auspicando l’introduzione del salario minimo per legge: “L’obiettivo è alzare i salari. Ci si arrivi con la contrattazione o ci si arrivi con una soglia minima legale è indifferente, l’importante è che l’obiettivo sia rispettato. Guardando all’Unione europea, vedo che laddove il salario minimo legalmente è stato introdotto non ha causato un aumento della disoccupazione né uno spiazzamento della contrattazione collettiva – chiosa – Se si lavora sulla contrattazione bisogna essere chiari. Bisogna fare una legge sulla rappresentanza, perché altrimenti diventa quasi inapplicabile l’intervento. Devi fare la legge sulla rappresentanza e poi l’imposizione erga omnes. Se si riesce a fare questo, va benissimo, ma se non si riesce a fare, i salari vengono trainati verso il basso dalla contrattazione pirata. Soglia dei 9 euro? E’ lavoro dei sindacati evitare il ribasso dei salari”.

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