La salute della foresta Amazzonica preoccupa, da anni, la comunità internazionale e gli ultimi dati provenienti dall’agenzia spaziale nazionale del Brasile (Inpe) non sono rassicuranti. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati deforestati ben 4mila chilometri quadrati di territorio, più di tre volte la superficie del comune di Roma ed il tasso di disboscamento ha raggiunto il livello più alto degli ultimi sei anni. Si tratta di un dato allarmante per diversi motivi. In primis perché l’Amazzonia è uno del polmoni verdi della Terra ed assorbe una parte dei gas serra prodotti dagli esseri umani. La foresta ospita, poi, una ricca biodiversità che è necessaria per la sopravvivenza delle comunità indigene che la abitano. La deforestazione, praticata per motivi economici come lo sfruttamento del legname e lo sviluppo dei campi coltivati, sta inoltre facilitando lo sviluppo di incendi devastanti.

Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha recentemente assunto l’impegno, durante un incontro con l’omologo americano Joe Biden, di prevenire un ulteriore deforestazione dell’Amazzonia ma si è anche lamentato della pressione internazionale sulla foresta pluviale. Bolsonaro ha ricordato che “Abbiamo una fonte di ricchezza nel cuore del Brasile: si tratta della nostra Amazzonia, più grande dell’Europa Occidentale e con ricchezze incalcolabili” per poi aggiungere, come riportato dal portale Trt World, che “a volte abbiamo l’impressione che la nostra sovranità sia minacciata ma il Brasile si prende cura di questo territorio” e che “abbiamo le nostre difficoltà sulla questione ambientale ma facciamo del nostro meglio per difendere i nostri interessi”.

Una ricerca ha evidenziato che l’agenzia per la protezione ambientale del Brasile, IBAMA, ha ignorato, senza investigarle, il 98 per cento delle segnalazioni di deforestazione emesse nella regione Amazzonica dal 2019 ad oggi. Marcondes Coelho-Junior, uno degli autori della ricerca, ha riferito al sito Mongabay che “ il governo riceve allerte sulla deforestazione ma ciò non provoca alcuna reazione” ed ha chiarito come “ l’inazione non è provocata da una mancata conoscenza degli eventi ma da una debolezza della politica ambientale”. La ricerca ha mostrato che le cose sono andate nello stesso modo anche nelle regioni sottoposte a maggiori controlli da parte del governo federale e che il Consiglio Nazionale dell’Amazzonia, creato per proteggere la foresta pluviale, è fallimentare. Il futuro dell’Amazzonia, secondo alcuni osservatori, potrebbe essere deciso dalle elezioni presidenziali che si svolgeranno ad ottobre e che, dopo il ritiro di alcuni candidati, saranno una sfida a due tra la destra di Jair Bolsonaro e la sinistra dell’ex capo di stato Luis Inacio Lula da Silva.

Tutti i sondaggi prevedono una netta vittoria di Lula, accreditato di almeno 10 punti di vantaggio sullo sfidante e questa sembra essere una buona notizia per Marcio Astrini, segretario esecutivo dell’organizzazione ambientale Osservatorio sul Clima. Astrini ha tratteggiato uno scenario da incubo, dichiarando all’Huffington Post che “se Bolsonaro rimarrà al potere l’Amazzonia raggiungerà velocemente il collasso e non ci sarà più alcuna speranza per l’ambiente”. La protezione della foresta pluviale amazzonica, insieme al raggiungimento dell’autosufficienza in ambito petrolifero per il Brasile, sarà una delle priorità di Lula se verrà eletto per un terzo mandato. Le priorità sono state evidenziate in un documento di 34 pagine, che contiene linee guida concrete come la lotta alle attività minerarie illegali, in particolare in Amazzonia, la protezione delle terre indigene e la fine delle attività predatorie in questi luoghi ed una lotta “senza quartiere” contro la deforestazione illegale, che dovrà essere ridotta a zero. Lula ha dichiarato ai giornalisti, come riportato da Bloomberg, che “bisognerà lavorare duramente per ricostruire il Brasile” e che “la vera sovranità verrà raggiunta quando la popolazione potrà sfamarsi e percepire un salario”. Bolsonaro è rimasto isolato, a livello diplomatico, dopo l’uscita di scena dell’ex presidente americano Donald Trump, uno dei suoi principali alleati e dopo la scarsa competenza manifestata in diversi ambiti. Tra questi ci sono stati il fallimento nel contenere degli incendi in Amazzonia nel 2020 ma anche il rifiuto di accettare la pericolosità del Covid-19 e di fidarsi della ricerca medica, aggravando il tasso di mortalità del Brasile, tra i più alti al mondo, durante la pandemia.

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