Un nativo amazzonico è rimasto ucciso durante uno scontro con le forze dell’ordine durante il nono giorno di proteste contro il governo ecuadoriano: lo ha detto all’AFP l’avvocato Lina María Espinosa, dell’Alleanza delle organizzazioni per i diritti umani. “C’è stato uno scontro e questa persona è stata colpita in faccia – ha detto -, a quanto pare da una bomboletta di gas lacrimogeni”. Questo uomo di 40 anni, del popolo quechua, faceva parte di un gruppo di manifestanti che hanno bloccato la città amazzonica di Puyo, a sud di Quito. Un giovane, la notte precedente, era morto dopo essere caduto in un burrone durante le manifestazioni e la procura ha deciso di aprire un’indagine per presunto omicidio.

La potente Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie), che ha partecipato alle rivolte che hanno rovesciato tre presidenti tra il 1997 e il 2005 e guidato le violente manifestazioni del 2019 (11 morti), organizza dal 13 giugno marce e barricate per chiedere un abbassamento prezzi del carburante. Migliaia di indigeni hanno iniziato lunedì una marcia pacifica verso il centro di Quito da sud. Diverse centinaia sono arrivate anche dal nord. Oltre al prezzo del carburante, i manifestanti denunciano la mancanza di lavoro, il via libera alle concessioni minerarie nei territori indigeni, l’assenza di controllo sui prezzi dei prodotti agricoli e una rinegoziazione dei debiti dei contadini con le banche.

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