Da persone che rappresentano a livello nazionale (Marco Bella, deputato) e locale (Adriano Zuccalà, sindaco) i cittadini di Pomezia siamo sobbalzati nel leggere su questo spazio il contributo dell’architetto Donatella D’Angelo, che sposa le tesi a nostro parere più propagandistiche (e infondate) sulla costruzione dell’inceneritore a Santa Palomba, vicino Pomezia. Il problema è che le argomentazioni che porta, che riteniamo profondamente errate, sono anche quelle di chi vorrebbe l’inceneritore a ogni costo senza valutarne i pro e i contro ed è invece utile fornire una visione più corretta.

È comprensibile che si voglia in buona fede togliere “la monnezza” dalle strade di una città bellissima come Roma, che vive una situazione inaccettabile. Ma si può pensare di risolvere questo problema devastando un’area dove vivono e lavorano tanti cittadini?

Innanzitutto, un errore grave è parlare di “termovalorizzatore” che “eliminerebbe 600mila tonnellate di rifiuti all’anno”. Gli inceneritori (è il termine corretto se non si vuole fare greenwashing) non “eliminano” i rifiuti – perché nulla si crea o si distrugge – ma li trasformano in cenere (circa il 20% in peso rispetto a ciò che vi entra), fumi e gas climateranti come l’anidride carbonica, una tonnellata ogni tonnellata di rifiuti inceneriti, con tanti saluti a Greta e le sue battaglie.

Questi fumi possono contenere quantità più o meno rilevanti di diossine e altri composti inquinanti e dannosi per la salute, la cui emissione in atmosfera può essere ridotta ma non certo eliminata. In particolare, le emissioni sono significative nelle fasi di accensione e spegnimento, quando non è possibile garantire una temperatura di combustione costante.

Le emissioni ricadono in una vasta zona attorno all’inceneritore e quindi eventualmente non interesserebbero solo Santa Palomba, definita nel post “una distesa di capannoni e cassonetti ricolmi” ma anche aree densamente abitate come quella dei castelli romani, di Pavona della zona della Laurentina adiacente a Trigoria e delle città di Pomezia e Ardea. Se foste un abitante di queste zone sareste d’accordo sulla frase “…un termovalorizzatore di moderna concezione potrebbe essere un riscatto anche per la loro salute”? A proposito di salute, ricordo che nelle aree prossime al termovalorizzatore (pardon, inceneritore) SILLA-2 di Milano la mortalità è del 71% più alta rispetto a quelle non esposte.

Questo senza considerare l’aumento del traffico veicolare pesante (leggasi “tir”) necessario a trasferire 600.000 tonnellate di rifiuti in un’area dove già la viabilità è problematica.

Un altro argomento errato è sostenere che visto che la produzione di rifiuti sarebbe in aumento, l’inceneritore potrebbe essere una soluzione. Innanzitutto, la produzione di rifiuti urbani in Italia sta invece fortunatamente diminuendo, non crescendo. È passata da 32 milioni di tonnellate nel 2007 alle 30 del 2019 (ultimo anno prima della pandemia, dati Ispra).

Il Paese che incenerisce più rifiuti pro-capite in Europa, cioè la Danimarca (circa 400 kg/abitante anno) è anche guarda caso quello che produce più rifiuti pro capite (900 kg/abitante anno). Per confronto, l’Italia incenerisce circa 100 kg/abitante di rifiuti l’anno e ne produce solo 500 kg/abitante).

L’inceneritore dà quindi la percezione (errata) di risolvere il problema rifiuti, ma a conti fatti si rivela uno spaventoso disincentivo alla raccolta differenziata, nella percezione che tanto arriverà il forno “brucia-tutto”. A maggio 2022 Roma ha visto la produzione di rifiuti indifferenziati aumentare di 6.000 tonnellate rispetto allo stesso mese del 2021 e più alta di 2.000 tonnellate rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia.

Considerando che sarà impossibile vedere in funzione l’inceneritore prima del Giubileo, l’annuncio della sua costruzione nei prossimi anni causerà una crisi rifiuti che sarà sempre più difficile gestire.

Una crisi che sarà aggravata dall’incendio dell’impianto di pretrattamento rifiuti di Malagrotta, perché è bene ricordare per l’ennesima volta che negli inceneritori non va il sacchetto dei rifiuti tal quale, ma piuttosto un prodotto pretrattato come quello che era accumulato nei capannoni di Malagrotta e che è andato a fuoco. Ridurre, riusare e riciclare i rifiuti è un ulteriore motivo per evitare i rischi dovuti agli accumuli.

Per questi motivi, il MoVimento 5 stelle ha proposto un emendamento al decreto Aiuti che lascia i poteri speciali al sindaco Gualtieri (quegli stessi poteri che peraltro sono stati negati a Virginia Raggi), perché Roma è oggettivamente una città diversa da qualunque altra in Italia, e lascia anche la possibilità di intervenire con questi poteri per costruire gli impianti per il trattamento rifiuti compatibili con la transizione ecologica, ma non gli permette di costruire quegli impianti non previsti dal piano rifiuti regionale approvato nel 2021.

E in questo piano gli inceneritori o termovalorizzatori che dir si voglia non erano previsti, come non erano previsti – anzi erano espressamente esclusi – nel programma elettorale con il quale Gualtieri è diventato sindaco. Ci auguriamo che tutte le forze politiche che hanno a cuore la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini sostengano questo emendamento.

Invitiamo volentieri Donatella D’Angelo a un sereno confronto con la popolazione delle aree che saranno colpite dagli impatti dell’inceneritore.

Questo post è stato scritto in collaborazione con Adriano Zuccalà, Sindaco di Pomezia.

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