Ho condotto proprio su queste pagine una battaglia contro quella che doveva essere la più grande discarica della Sicilia, per la precisione a Centuripe, il paese con la forma della Stella Marina per i romantici e per i tecnici con quella del Modulor di Le Corbusier. Ora viceversa a Roma, la più bella città del mondo ma perennemente infestata da rifiuti e di conseguenza cinghiali e ratti, si è accesso il dibattito sul nuovo termovalorizzatore.

Come era prevedibile è scattato l’effetto “nimby” e gli abitanti di Santa Palomba, estrema periferia sud verso Pomezia, una distesa di capannoni e cassonetti ricolmi, sono sul piede di guerra. Non scrivo per riguardo a loro – che qui non c’è niente da salvaguardare – ma un termovalorizzatore di moderna concezione potrebbe essere un riscatto anche per la loro salute. Infatti, se informati bene, potrebbero chiedere delle opere di compensazione, previste dalla normativa, come ad esempio il recupero di aree degradate, piantumazioni e posizionamento di molte arnie con api, che sono notoriamente le sentinelle dell’inquinamento.

A Brescia hanno costruito anni fa un termovalorizzatore, le cui emissioni sono controllate 24 h su 24h da specifiche apparecchiature, vengono monitorate da organismi ed enti indipendenti e i cui dati, aggiornati settimanalmente, sono pubblicizzati su totem informativi dislocati in città. A conferma di ciò le arnie posizionate vicino al termovalorizzatore producono un ottimo miele, lo stesso che si potrebbe ottenere a Santa Palomba e offerto ai residenti.

Neanche il fatto che la produzione di rifiuti urbani cresca ogni anno (più di 2 milioni di tonnellate) e che la raccolta differenziata langua convince i riottosi al cambiamento. Negli ultimi anni, infatti, sul fronte della raccolta differenziata grandi cambiamenti non sembrano esserci stati: più della metà dei rifiuti a Roma non viene riciclata, con conseguenze anche sul piano economico. Secondo le stime più recenti, nel 2020 l’Ama – la società che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nella capitale – ha speso quasi 130 milioni di euro per trattare fuori dalla città circa l’80% dei rifiuti indifferenziati. Nemmeno questa enorme spesa turba i talebani dell’ambiente.

Un nuovo termovalorizzatore eliminerebbe circa 600mila tonnellate di rifiuti all’anno seguendo quanto già fatto da altre città in Italia. L’incenerimento dei rifiuti genera emissioni di diverso tipo, tra cui quelle liquide e gassose, come spiega un “libro bianco” realizzato nel 2021 da alcuni ricercatori del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi Tor Vergata di Roma. In base alle norme nazionali ed europee, queste emissioni devono essere trattate “per ridurre il più possibile le concentrazioni delle sostanze inquinanti”.

Lo stesso libro bianco ha raccolto l’impatto degli inceneritori sulla salute e la qualità della vita dei cittadini, sia in Italia sia all’estero. In sintesi: secondo la letteratura scientifica, i potenziali effetti sulla salute causati da emissioni di metalli pesanti, diossine e altri composti organici, come i furani, sono per lo più riconducibili agli impianti più vecchi e alle tecniche di gestione applicate prima della seconda metà degli anni 80. I termovalorizzatori di moderna concezione riducono a minimo l’inquinamento se paragonabile poi a quello delle auto, mezzi pesanti, caldaie etc.

A parte l’economia circolare, una gestione più oculata della propria vita di consumatore, non c’è altro spazio per di manovra per dare dignità alla nostra capitale, ciclicamente fatta oggetto di irrisione e scherno dai media internazionali. Roma merita rispetto, l’Italia merita rispetto, la Storia, i Beni Culturali meritano rispetto: non lasciamo che la Bellezza venga sommersa dai rifiuti.

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