La fiammata dei costi dell’energia e i rincari delle materie prime aggravati dalla guerra in Ucraina iniziano, come previsto, a farsi sentire sulla crescita economica europea reduce dal forte rimbalzo dello scorso anno. E l’Italia risulta già il Paese più colpito. Nel primo trimestre, stando ai dati provvisori diffusi dai rispettivi istituti di statistica, il pil francese è infatti rimasto invariato rispetto a quello precedente, quello spagnolo è cresciuto solo dello 0,3% (contro il +2,2% dei tre mesi precedenti), mente quello italiano è calato dello 0,2% dopo il +0,7% dei tre mesi precedenti. L’Istat rileva che il dato è migliore delle previsioni del governo, che nel Def aveva previsto un -0,5%. Solo la Germania tiene il passo, con un pil che sale dello 0,2% dopo il calo di fine 2021 determinato dall’ondata di contagi Covid. Giovedì era arrivata la notizia di un tonfo degli Usa dove il pil è calato dell’1,4%, molto sotto le attese degli analisti che scommettevano su un aumento dell’1%.

La flessione che emerge dalla stima Istat è la prima dopo quattro trimestri di crescita sostenuta, ricorda l’istituto di statistica, e deriva da “una crescita dell’agricoltura, una sostanziale stazionarietà dell’industria e un calo dei servizi“. Dal lato della domanda, la componente nazionale (al lordo delle scorte) dà un contributo positivo mentre dalla componente estera arriva un apporto negativo. L’impatto dei rincari energetici, va detto, non si è ancora fatto sentire sulla produzione industriale, che secondo Confindustria ne risentirà fortemente nel secondo trimestre. In termini tendenziali, cioè rispetto al primo trimestre 2021, si registra una crescita del 5,8%. La variazione acquisita del pil per il 2022 è ancora pari a +2,2%, ma tutto dipenderà dall’evoluzione dello scenario nei prossimi mesi. Occorre tener presente che il primo trimestre è stato influenzato solo in piccola parte dall’invasione russa dell’Ucraina, iniziata a fine febbraio.

L’inflazione in Italia rallenta dopo nove mesi ma resta da record – Una parziale buona notizia arriva dalla stima sull’inflazione, che ad aprile rallenta dopo 9 mesi di accelerazione: l’indice registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 6,2% su base annua contro il +6,5% del mese precedente. Comunque si tratta di un livello che non si registrava da settembre 1991. La crescita dei prezzi dei beni energetici passa da +50,9% di marzo a +42,4%). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona però accelerano da +5% a +6%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rallentano (da +6,5% a +5,9%).

L’inflazione annuale dell’area euro in compenso, stando alla stima flash di Eurostat, è stata ad aprile del 7,5%, in aumento rispetto al 7,4% di marzo. L’energia segna +38%, rispetto al 44,4% di marzo, seguita da cibo, alcol e tabacco (6,4%, rispetto al 5% di marzo), beni industriali non energetici (3,8%, rispetto al 3,4% di marzo) e servizi (3,3%, rispetto al 2,7% di marzo). In Germania il livello dei prezzi ha segnato un +7,4%, ai massimi dal 1981, mentre in Spagna ad aprile l’incremento si è “fermato” alll’8,4% dopo il 9,8% di marzo.

Il resto d’Europa: bene solo la Germania – Scenario opposto in Germania dove l’aumento dell0 0,2% segue il calo di 0,7 punti dell’ultimo trimestre 2021. La performance economica è leggermente migliorata grazie all’aumento degli investimenti, mentre il saldo tra esportazioni e importazioni ha avuto un effetto negativo. L’Istituto Nazionale di Statistica spagnolo dal canto suo spiega che sul dato dell’ultimo trimestre influiscono l’impatto della variante Omicron del coronavirus e dell’invasione russa dell’Ucraina. Rispetto al primo trimestre del 2021, la crescita del pil è invece del 6,4%. In Francia il pil del primo trimestre è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente, a fronte di un incremento stimato dello 0,3%. Il dato evidenzia una crescita annua del 5,3% contro il precedente 5,5%. In calo dell’1,3% le spese dei consumatori in marzo a fronte di un aumento previsto dell’1,2% e di un rialzo dello 0,9% segnato lo scorso mese di febbraio.

Negli Usa crollo a sorpresa del pil – Negli Usa il calo a sorpresa dipende da due componenti volatili, le scorte e gli scambi commerciali internazionali, influenzati da guerra e inflazione e dai loro effetti sulle catene di approvvigionamento già sotto stress. E alimenta i timori di recessione. A pesare sulla ripresa è anche il rialzo dei tassi da parte della Fed per combattere il caro prezzi. Per Joe Biden è una doccia gelata: già in calo nei sondaggi si è ritrovato con un altro problema da risolvere proprio nel giorno in cui ha chiesto al Congresso americano altri 33 miliardi di dollari per aiutare Kiev. Il presidente ha ostentato comunque sicurezza e descrive un’economia “resiliente di fronte a sfide storiche”.

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