Oggi è la vittoria di Laura Massaro. E’ la vittoria di tante madri vittimizzate e dei bambini e delle bambine prelevate mani e piedi e trascinati via dai loro affetti e dalle loro case in preda all’angoscia, in nome di quella spazzatura chiamata alienazione genitoriale che ha prevalso per troppo tempo sui principi del diritto. Oggi possiamo con sollievo guardare ai bambini e alle bambine che hanno il diritto di essere ascoltati quando hanno paura di un genitore.

La Corte di Cassazione, con ordinanza 9691/2022, ha accolto in ogni punto il ricorso di Laura Massaro ed ha cassato la decisione della Corte d’Appello di Roma che l’aveva dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale e aveva predisposto il collocamento coatto del figlio in una casa famiglia. Le avvocate Teresa Manente, Ilaria Boiano e gli avvocati Antonio Voltaggio e Lorenzo Stipa che hanno rappresentato Laura Massaro nel ricorso, hanno commentato l’ordinanza che rende giustizia alle madri vittimizzate nonostante volessero tutelare i figli.

“Questa ordinanza – ha detto Teresa Manente in una nota alla stampa – ha cassato la decisione della Corte di appello di Roma poiché ha inteso realizzare il diritto alla bigenitorialità rimuovendo la figura genitoriale della madre e ciò sulla base di apodittiche motivazioni che richiamano le consulenze tecniche, tutte volte all’accertamento dell’alienazione parentale, nonostante la stessa sia notoriamente un costrutto ascientifico e ha stigmatizzato quelle consulenze che fanno riferimento al postulato patto di lealtà tra madre e figlio, o al condizionamento psicologico, tutti termini che richiamano ancora la sindrome dell’alienazione parentale. Il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre”.

La Cassazione ha osservato che il diritto alla bigenitorialità così come ogni decisione assunta per realizzarlo non può rispondere a una formula astratta “nell’assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato ex abrupto del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola”. Inoltre nell’ordinanza si ritiene nullo il provvedimento dell’autorità giudiziaria di merito per non avere proceduto all’ascolto del minore, adempimento a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo ribandendo che “in tema di affidamento dei figli minori l’ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni” e precisando che “tale adempimento non può essere sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, la quale adempie alla diversa esigenza di fornire al giudice altri strumenti di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse”.

Ma la parte forse più importante della decisione della Corte di Cassazione riguarda il prelievo coatto del minore. Una prassi adottata nei casi di cosiddetta alienazione genitoriale col ricorso alla forza fisica contro madri, nonni, famigliari che si opponevano all’allontanamento di un figlio o di un nipote con tanto di accerchiamento di abitazioni e abbattimento di porte di cittadine perbene. Una misura “non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore”.

Oggi forse possiamo cominciare a vedere l’inizio della fine della teoria dell’alienazione genitoriale e di tutte le sue riformulazioni. Sono ormai tante le critiche durissime a questa teoria elaborata negli anni 80 da un apologeta della pedofilia, Richard Gardner. Non solo tra le attiviste e i Centri antiviolenza ma anche da parte del Parlamento europeo, della Commissione Onu sullo Status delle donne e del Grevio, l’organismo che monitora la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul.

Sono trascorsi 12 mesi da quando Francesca Ceroni, procuratrice generale della Cassazione, in una requisitoria aveva smantellato il costrutto della alienazione parentale, una teoria che come molte attiviste denunciano da tempo, esiste solo nelle carte della psicologia forense mentre viene irrisa e criticata fermamente al di fuori delle aule di giustizia. Il collegio allora non accolse le sue osservazioni ma lo ha fatto decidendo sul ricorso Massaro.

Nel maggio del 2021, la Cassazione assimilava la alienazione parentale al tatertyp, una teoria in voga nella Germania nazista che condannava le persone per ciò che erano e non per ciò che commettevano esattamente come è accaduto a tante madri incolpate del rifiuto paterno da parte dei figli, definite “malevole” sulla base di qualche test e senza che venissero provati comportamenti inadeguati o condotte che ostacolassero la relazione padre- figlio. Spesso si trattava di rifiuti mai indagati seriamente e maturati in contesti di maltrattamento e di abuso, dove la alienazione parentale, troppo a lungo, è stata la carta truccata con la quale uomini violenti (e spesso benestanti) sono riusciti a realizzare la minaccia “ti toglierò i figli” profferita alla ex che si era sottratta al loro controllo. Una vendetta che, amareggia scriverlo, è stata realizzata da uno Stato poco attento ai diritti delle donne e dei bambini e alle Convenzioni internazionali.

Lo sanno i Centri antiviolenza DiRe che denunciano da anni, vittimizzazioni istituzionali e la violazione dell’articolo 31 della Convenzione di Istanbul, là dove invita a prestare attenzione nelle cause di affidamento dei figli se ci sono denunce di violenza. Antonella Veltri, presidente della rete Dire e promotrice dell’Osservatorio sulla vittimizzazione istituzionale, ha sottolineato come questa ordinanza “renda giustizia a quanto la rete DiRe e tutte le sue organizzazioni affermano da anni grazie alla loro esperienza di accompagnamento delle donne. Oggi è ancora più evidente il nesso imprenscindibile tra procedimenti penali e civili e diventa sempre più urgente individuare una buona pratica per evitare in futuro situazioni analoghe”.

Ma per fortuna ci sono giudici sia a Berlino che a Roma.

@nadiesdaa
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