Il numero esatto non è e non sarà agli atti, perché la seduta con all’ordine del giorno l’intervento in videoconferenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky non prevede una registrazione delle presenze. Ma secondo le stime fatte in queste ore da addetti ai lavori e segretari d’Aula, sono più di 350 i deputati e senatori rimasti assenti alla seduta comune. Se infatti l’emiciclo di Montecitorio era praticamente pieno, quasi vuote erano le tribune messe a disposizione per accogliere anche i senatori. “I parlamentari in totale sono 945, tra aula e tribuna al massimo eravamo 580“, spiega un eletto.

A disertare, quindi, sarebbero stati molti più parlamentari di quelli che avevano annunciato il forfait nei giorni precedenti: tra questi gli eletti di Alternativa, la componente del Misto formata in gran parte da ex iscritti al Movimento 5 Stelle, che avevano definito l’intervento di Zelensky “una forzatura” e “un’operazione di marketing”. “Essere solidali” nei confronti dell’Ucraina “non significa dover assecondare una propaganda mirata ad alzare il tiro su richieste incessanti di interventi bellici come la no fly zone o l’invio di truppe che comporterebbero per l’Italia e l’Europa l’ingresso ufficiale in un conflitto mondiale”, la loro posizione. Nella galassia degli ex pentastellati anche il senatore Nicola Morra aveva spiegato che sarebbe stato “fuori per lavoro”. Assente anche Emanuele Dessì, ora nel Partito Comunista, e il fondatore di Italexit Gianluigi Paragone. Nonché Bianca Laura Granato (Misto), finita nell’occhio del ciclone per aver sostenuto la necessità di far intervenire in collegamento con il Parlamento italiano (per “par condicio”) anche Vladimir Putin, che secondo la senatrice sta combattendo “un’importante battaglia per tutti noi” contro “l’agenda globalista”.

II forfait più rumoroso però è stato quello di Vito Petrocelli, il presidente M5S della Commissione Esteri del Senato che dopo aver votato contro la risoluzione sull’invio di armi all’Ucraina ha scelto di non partecipare alla seduta in cui è intervenuto il presidente di Kiev. “Fuori da questo governo interventista, che vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante”, ha scritto su Twitter subito dopo, annunciandoo di voler votare contro la conversione in legge del decreto e più in generale di essere pronto “a non votare più la fiducia su qualunque provvedimento, perché l’atteggiamento del governo su una questione per me rilevante, cioè diventiamo interventisti, non è accettabile ed è la goccia che fa traboccare il vaso”. Nonostante da varie forze politiche sia arrivata la richiesta di un passo indietro, Petrocelli per adesso non ha intenzione di rinunciare alla propria carica.

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