La Bielorussia dice sì alla fine della neutralità del Paese. E contestualmente Aleksandr Lukashenko potrebbe rimanere in carica per altri 13 anni. Con un referendum che ha portato il 78% dei cittadini alle urne è stato detto sì a un pacchetto di emendamenti di modifica della costituzione. Il 65% dei voti ha detto sì al referendum, voluto da Lukashenko. Alla luce della crisi ucraina era particolarmente atteso il risultato relativo all’eliminazione della clausola sulla “neutralità” del Paese, consentendo così, di qui in avanti, il dispiegamento permanente di armi nucleari e truppe russe sul territorio. La Bielorussia potrebbe quindi non rimanere una “zona denuclearizzata”.

Altre modifiche della Costituzione estendono il mandato del Parlamento da quattro a cinque anni, introducono l’immunità a vita per gli ex presidenti e istituiscono il nuovo organo dell’Assemblea popolare di Bielorussia. È stato inoltre stabilito il limite di due mandati presidenziali per i successori di Lukashenko. L’attuale presidente, alleato di Vladimir Putin, guida il Paese dal 1994 e se verrà rieletto al termine del mandato nel 2025 potrebbe restare in carica fino al 2035.

In base agli emendamenti votati sul mandato presidenziale, una volta eletto il presidente bielorusso resterà in carica 5 anni e potrà essere rieletto una sola volta. In Russia, una riforma costituzionale simile è stata approvata nel 2020 e ha aperto la strada alla possibilità che Vladimir Putin resti al potere fino al 2036. Ad annunciare l’esito del referendum è stata nella notte la Commissione elettorale centrale bielorussa: i voti contrari, nel pieno della guerra lanciata da Mosca contro l’Ucraina e appoggiata dalla Bielorussia, sono stati solo il 10,07%. Il quorum era del 50%. Durante il voto, sono state arrestate circa 800 persone: la riforma costituzionale ha scatenato le più grandi proteste degli ultimi mesi nel Paese, in cui sono scese in piazza migliaia di persone.

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