Cronaca

Guerra Russia-Ucraina, la relazione degli 007: “Mosca vuole dominare l’area ex-sovietica. Italia in grado di reggere lo stop del gasdotto”

La relazione annuale dell'intelligence al Parlamento, chiusa a dicembre 2021, già rilevava come per il Cremlino "le Repubbliche ex sovietiche sono considerate il perimetro minimo di sicurezza atto a garantire profondità strategica all’azione esterna di Mosca e alla sua volontà di essere riconosciuta fra le grandi potenze mondiali". Per i servizi segreti, però, il nostro Paese è in grado di soddisfare livelli di domanda di gas "molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione"

Mosca ha aumentato i suoi sforzi per “riaffermare la propria primazia” nell’area post-sovietica: è la principale chiave di lettura offerta dagli 007 italiani per spiegare l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe, lanciate all’assalto da Vladimir Putin. La relazione annuale dell’intelligence al Parlamento, sebbene chiusa a dicembre del 2021, già definisce “centrale” in questa strategia proprio la crisi ucraina e spiega come le bozze di trattato sulle garanzie di sicurezza con gli Usa e la Nato, divulgate dal Cremlino nel dicembre scorso, vadano lette come il “potenziale innesco di un negoziato su una nuova architettura securitaria europea“. Per il Cremlino, rilevano i servizi segreti, “le Repubbliche ex sovietiche sono considerate come il perimetro minimo di sicurezza atto a garantire profondità strategica all’azione esterna di Mosca e alla sua volontà di essere riconosciuta fra le grandi potenze mondiali“.

La relazione annuale presentata oggi si sofferma anche sulla “strutturale ed elevata dipendenza dell’Italia dalle importazioni di gas, superiore al 95%”. Per gli 007 questo è un elemento di criticità per la sicurezza dell’approvvigionamento nazionale, che è però garantito da “un’ampia e diversificata capacità di importazione e da una dotazione di infrastrutture di stoccaggio in grado di compensare la stagionalità della domanda, nonché eventuali problemi di funzionamento di un gasdotto o di un terminale di rigassificazione”. Il sistema infrastrutturale italiano, si legge nella relazione, è quindi in grado così di “soddisfare, grazie alla ridondanza, livelli di domanda molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione, ossia del gasdotto che trasporta i flussi in arrivo dalla Russia fino al punto di ingresso di Tarvisio e che, nel 2021, ha veicolato il 38% del fabbisogno nazionale”. Per quanto riguarda le ricadute economiche, invece, la robusta ripartenza del Pil – pari a oltre +10% nel biennio – dopo il quasi -9% del 2020, “in assenza di nuove variabili destabilizzanti, appare destinata a riportare l’economia italiana sopra i livelli pre-crisi nella prima metà del 2022″. Ma l’intelligence evidenzia quali possano essere le conseguenze della guerra e non solo: “In primis le tensioni che caratterizzano l’offerta di energia fossile, di altre materie prime, nonché di semilavorati in filiere critiche (tra cui quella dei semiconduttori)”.

Il sistema di potere putiniano – La relazione osserva come il raggiungimento della maggioranza assoluta dei seggi da parte del partito Russia Unita alle elezioni dello scorso settembre, si sia tradotto “nella riconferma di una piena autonomia politica del Partito presidenziale in seno alla Duma e in una riaffermazione della legittimità del sistema di potere putiniano“. L’esigenza primaria di Mosca – in una visione che vede sotto attacco i valori della tradizione russa – è accrescere l’autosufficienza del Paese e rilanciarne la crescita. Il tentativo di relazionarsi con l’Occidente perde priorità, favorendo il consolidamento delle relazioni con Cina e India, spiegano i servizi segreti italiani.

La mobilitazione militare da ottobre scorso – La relazione dell’intelligence analizza poi quella che è stata nel corso dell’anno l’evoluzione della crisi ucraina, “nel quadro del dispiegamento preparatorio e del successivo sviluppo dell’esercitazione russa Zapad-2021, che ha visto un vasto numero di equipaggiamenti militari posizionarsi ai confini, senza che facessero rientro nei distretti militari di appartenenza. Nonostante la crisi primaverile fosse rientrata prima del summit tra Biden e Putin a Ginevra (giugno 2021), dall’ottobre si è registrato un nuovo aumento della mobilitazione militare russa a ridosso dei confini ucraini, nella penisola di Crimea e in Bielorussia, quest’ultima associata alle ulteriori esercitazioni militari in programma tra Mosca e Minsk”. La situazione, rilevano i servizi di sicurezza nella Relazione, “è rimasta costantemente all’attenzione dell’intelligence, che ha monitorato l’evoluzione del dispositivo militare russo anche in ragione del profilarsi del rischio dell’errore di calcolo, sempre possibile vista la consistenza dello schieramento dispiegato”. Il 2021 si è concluso, secondo gli 007 italiani, nel segno di una triplice dinamica: “L’incertezza sulla volontà russa di passare all’offensiva, oppure di utilizzare gli spazi diplomatici al fine di convincere i Paesi occidentali a rivisitare gli equilibri securitari nel continente europeo; la ripresa del dialogo, sia attraverso il formato negoziale Normandia, attivo sin dalla crisi del Donbass, che ai tre livelli Stati Uniti-Nato-Osce configuratisi a seguito delle bozze di accordi di sicurezza proposti dalla Russia; la predisposizione di strumenti sanzionatori e di deterrenza“.

Gas, la diversificazione dell’import e lo stoccaggio – La relazione spiega poi la situazione italiana dal punto di vista delle politiche energetiche. Il gas, “con una quota prossima al 40%, costituisce la principale fonte primaria del paniere energetico nazionale e la sua valenza è accentuata dal fatto che le centrali alimentate a metano rappresentano circa la metà della produzione elettrica italiana. Nella prospettiva della progressiva decarbonizzazione e in linea con le previsioni del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, la rilevanza del gas appare destinata a perdurare, fino almeno al prossimo decennio, quale complemento delle rinnovabili discontinue (eolico e fotovoltaico) nella fase di transizione. La strutturale ed elevata dipendenza dalle importazioni di gas, superiore al 95%, rappresenta dunque un elemento di significativa criticità per la sicurezza dell’approvvigionamento nazionale, la cui affidabilità risulta garantita, tuttavia, da un’ampia e diversificata capacità di importazione e da una dotazione di infrastrutture di stoccaggio in grado di compensare la stagionalità della domanda, nonché eventuali problemi di funzionamento di un gasdotto o di un terminale di rigassificazione”. “In particolare – viene rilevato – in attuazione del Regolamento (UE) 2017/1938, il sistema infrastrutturale italiano rispetta la cd. formula N-1, ossia la capacità di soddisfare, grazie alla ridondanza, livelli di domanda molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione, ossia del gasdotto che trasporta i flussi in arrivo dalla Russia fino al punto di ingresso di Tarvisio e che, nel 2021, ha veicolato il 38% del fabbisogno nazionale”.

Gli altri fronti – Anche nel 2021 l’Africa ha costituito “oggetto di accorto e costante monitoraggio intelligence, anzitutto in ragione del persistere di focolai di crisi vecchie e nuove, in pressoché tutti i quadranti del Continente”. In questo “articolato contesto”, si legge nella relazione degli 007, “hanno continuato a muoversi player globali (quali la Cina sul piano economico, e la Russia con una modalità asimmetrica anche riconducibile all’azione della compagnia militare privata Wagner) che tendono progressivamente a erodere spazi ai Paesi occidentali, la cui presenza in loco è da tempo oggetto di narrative ostili, specie nella fascia sahelo-sahariana”. Un altro fronte da monitorare, sottolinea l’intelligence, riguarda i due Poli della Terra: “Il progressivo e sostenuto scioglimento dei ghiacci, l’apertura di nuove rotte di navigazione e il delinearsi di interessi collidenti dei Paesi rivieraschi hanno reso l’Artico un terreno conteso di competizione geopolitica“. E la situazione in Antartide “è specchio di quanto sta avvenendo nell’Artico: competizione per le rivendicazioni territoriali, per le ricche risorse presenti e per l’espansione dei sistemi radar e di difesa missilistica”. Anche in questo caso, “Russia e Cina sono tra gli Stati più attivi nel cercare di guadagnare l’accesso alle risorse antartiche, capitalizzando su ricerca, spedizioni scientifiche e costruzione di infrastrutture, scontrandosi di frequente con altri Paesi interessati a mantenere lo status quo e a preservare il fragile ecosistema antartico”.