Televisione

Papa Francesco da Fazio, la scelta di Rai 3 segno dei tempi. Ma il conduttore non è più un guastatore

A ripensare alla telefonata con cui Giovanni Paolo II ringraziò in diretta Bruno Vespa per avergli dedicato un lungo speciale, si capisce quanta acqua sia passata sotto i ponti della comunicazione

di Domenico Naso

Il colpo grosso dell’ospitata di papa Francesco da Fazio, domenica sera, ci ha raccontato più del conduttore savonese che di Bergoglio. In fondo, le posizioni del Papa su questioni teologiche o mondane sono chiare da tempo e alcune sono state ribadite con la solita ferma bonomia a cui questo pontefice ci ha abituati. Ma in un Paese che ha tanto bisogno di un ritorno alla competenza, le questioni teologiche e politiche le lasciamo a chi se ne intende. Noi, molto più modestamente, ci limitiamo ad analizzare i risvolti televisivi di questo innegabile colpo messo a segno dalla trasmissione domenicale di RaiTre.

A ripensare alla telefonata con cui Giovanni Paolo II ringraziò in diretta Bruno Vespa per avergli dedicato un lungo speciale, si capisce quanta acqua sia passata sotto i ponti della comunicazione. Era il 13 ottobre 1998 e Wojtyla aveva voluto ringraziare un Vespa adorante che aveva acchitato uno speciale per il ventennale del pontificato. Ricordate l’espressione di Vespa? Capo chinato, sguardo che cerca il pavimento quasi a combattere l’evidente vanagloria del giornalista che sapeva di aver fatto bingo, con quella telefonata inattesa.

In quasi 25 anni, però, è cambiata tanto la tv e soprattutto è cambiato il papa. Giovanni Paolo II aveva scelto l’istituzionale RaiUno, Bergoglio sceglie la progressista RaiTre. Segno dei tempi e dei cambiamenti profondi. E in fondo Bergoglio non poteva che andare da Fazio, perché lo stile consolidato del Fabio Fazio intervistare è palesemente il più adatto a una presenza televisiva di questo papa. Non è, però, solo una questione di approccio televisivo e di stile comunicativo. Bergoglio ha detto sì a Fazio perché Fazio, soprattutto negli ultimissimi anni, ha più volte affrontato argomenti di ampio respiro sociale e culturale (oltreché politico, nell’accezione migliore del termine) proprio prendendo le mosse dalle posizioni espresse da Francesco nel corso del suo settennato. Immigrazione, ambiente, assistenza agli ultimi: caposaldi della dottrina bergogliana ma anche cavalli di battaglia di un Fazio sempre più democristiano di sinistra, sempre araldo laico di questo papato così in controtendenza rispetto agli ultimi 40 anni di storia della Chiesa.

Fabio Fazio era molto emozionato ed è una cosa più che comprensibile. Lo è ancora di più se teniamo conto di quanto sopra, cioè del fatto che questa intervista rappresenti per lui proprio un punto di approdo di un percorso è sembrato chiaramente più personale che televisivo, più individuale che comunicativo.

E da un Fazio che si trova a interloquire con il proprio punto di riferimento culturale non potevamo certo aspettarci qualcosa di spumeggiante o anche solo un minimo sfrontato. La fase professionale che Fazio sta attraversando da almeno un decennio è una fase diversa rispetto al guastatore dei primissimi tempi e al sagace e inafferrabile discolo del periodo del suo boom televisivo. La barba di Fazio è sempre più folta e sempre più bianca e non è solo un vezzo di mezza età. È la manifestazione di una transizione culturale, personale e quindi anche televisiva, di cui l’intervista a Bergoglio è la certificazione finale.

E se Fazio ha fatto Fazio, Bergoglio ha fatto Bergoglio. Paternalistico nei toni e nel ritmo (che per sua stessa ammissione non è per nulla televisivo), papa Francesco ha ripercorso il suo repertorio già noto, non risparmiando stoccate a una chiesa cattolica che in molti settori non lo ama (“Oggi il male più grande della Chiesa è la mondanità spirituale la quale fa crescere il clericalismo che è una perversione”).

L’intervista è stata comprensibilmente lunga, non sempre avvincente ma sicuramente di impatto. E Fazio non si riprenderà tanto in fretta da questa incontro ravvicinato con il divino. Tanto che nel prosieguo della trasmissione, anche parlando di Covid con i soliti virologi o duettando come al solito con la Littizetto, il pensiero tornava sempre lì e gli occhi gli si chiudevano a fessuretta ancora più del solito. Lecito e comprensibile, per carità, bearsi dei propri innegabili successi. Ma trattasi di peccato che toccherà confessare alla prossima ospitata.

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