Cinquanta voti a fronte di una contropartita in denaro. È uno dei particolari che emerge dalle indagini coordinate dalla Dda di Lecce, sfociate questa mattina nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone nel Salento, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata all’usura, alle estorsioni, alla violenza privata, alla detenzione e porto illegale di armi, allo spaccio di sostanze stupefacenti e, in alcuni casi, anche allo scambio elettorale politico mafioso. “I tentacoli malavitosi si sarebbero insinuati anche nei gangli della pubblica amministrazione sancendo un sinallagma criminale imbastito sullo scambio elettorale politico-mafioso, in base al quale la congrega delinquenziale avrebbe assicurato a un candidato alle ultime elezioni amministrative, tenutesi nel settembre 2020 in un Comune salentino, almeno 50 voti a fronte di una contropartita di denaro, così consentendogli la nomina a consigliere”, spiegano gli investigatori in una nota.

Il consigliere, Antonio Megha, 62 anni, di Neviano (Lecce), è stato poi nominato assessore, è ai domiciliari. “Gli elementi raccolti consentirebbero di ipotizzare che, nell’esercizio del mandato, avrebbe garantito l’asservimento della funzione pubblica ai desiderata dell’organizzazione mafiosa”, sottolineano i carabinieri. Per il gip “l’organizzazione mafiosa dimostrava una elevata capacita di penetrazione nel tessuto politico-amministrativo manifestata attraverso il patto di scambio tra voti e danaro concluso dal capo clan Michele Coluccia con l’assessore uscente del comune di Neviano Antonio Megha”. “Deve osservarsi nei riguardi di Antonio Megha – continua il giudice – che la condizione di apparente incensuratezza nasconde una personalità spregiudicata e una pervicace volontà a delinquere in spregio anche della funzione pubblica rivestita, poiché disposto a piegarsi ai desiderata mafiosa pur di perseguire il proprio successo personale e al fine di conseguire profitti”. Secondo il gip è concreto e attuale il pericolo di reiterazione del reato “ossia la dichiarata disponibilità a soddisfare i desiderata mafiosa e, soprattutto le sue dichiarate intenzioni di piegare la funzione pubblica al proprio tornaconto personale facendone mercimonio”.

Molti degli indagati sono tutti membri di una frangia del clan Coluccia. L’indagine, partita nel 2019, riguarda i territori di Galatina, Aradeo, Neviano, Cutrofiano e Corigliano d’Otranto ed è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce. L’operazione ha visto impegnati oltre 120 carabinieri in forza ai reparti dipendenti dal Comando Provinciale di Lecce, con il concorso dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia” e le unità antidroga e anti-esplosivo del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno, supportate dall’alto da un velivolo del 6° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Bari.

Tra le contestazioni agli indagati anche prestiti a tassi usurai oscillanti dal 20 al 25% mensili a imprenditori della provincia di Lecce. Al vertice dell’associazione, per gli inquirenti, ci sarebbero stati due esponenti della Sacra corona unita: “I due, tornati in libertà, avrebbero ripreso la direzione delle attività illecite, mediante il controllo del territorio, avvalendosi della loro consolidata nomea criminale”. Gli investigatori hanno scoperto anche un patto fra il titolare di una scuola guida del Leccese e il clan: In questo modo avrebbe consolidato la sua posizione economica sul mercato in danno di un’altra agenzia concorrente. In cambio di tale sponsorizzazione i relativi proventi dell’attività della scuola sarebbero confluiti, in parte, nelle casse dell’organizzazione criminale“. Il gruppo avrebbe gestito attività “formalmente lecite, tra cui quelle poste in essere da un’agenzia che si occupava della stipula di contratti di energia elettrica, gas, acqua e polizze assicurative”. Quanto allo spaccio di droga, il gruppo avrebbe chiesto il ‘punto cassa’, una somma di denaro imposta gli spacciatori per cedere gli stupefacenti in una determinata piazza.

la condizione di apparente incensuratezza nasconde una personalità spregiudicata e una pervicace volontà a delinquere in spregio anche della funzione pubblica rivestita, poiché disposto a piegarsi ai desiderata mafiosa pur di perseguire il proprio successo personale e al fine di conseguire profitti”. Lo scrive il gip del tribunale di Lecce nel provvedimento con cui è stata ordinata la custodia ai domiciliari per l’avvocato Antonio Megha, 62 anni, attuale assessore del comune di Neviano (Lecce), titolare delle deleghe alla Cultura, Istruzione e Scuola, Contenzioso legale e Neviano nel Mondo. Megha risulta indagato nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Lecce sul clan di stampo mafioso ritenuti guidato dai fratelli Michele e Antonio Coluccia. Secondo il gip è concreto e attuale il pericolo di reiterazione del reato “ossia la dichiarata disponibilità a soddisfare i desiderata mafiosa e, soprattutto le sue dichiarate intenzioni di piegare la funzione pubblica al proprio tornaconto personale facendone mercimonio”. Tutto questo – secondo il gip – è “significativo di una pervicace volontà a delinquere e di una personalità cinica e spregiudicata”. (Segue). sdc/fed

Articolo Precedente

Caro presidente Mattarella, Lei è la persona giusta per le commemorazioni di quest’anno

next
Articolo Successivo

Così il Parlamento può ricordare le stragi di Palermo senza stucchevoli commemorazioni

next