Cultura

Teatro San Carlo, quasi in contemporanea alla Prima della Scala in scena “I Fratelli De Filippo”. Presenti le istituzioni: Casellati, Fico e il sindaco Manfredi

Fame e povertà a braccetto, ma fu la commedia del riscatto. Anche adesso aleggia lo stesso spirito d rinascita post-pandemia. I tre fratelli, figli illegittimi di Eduardo Scarpetta, altro monumento del Novecento, sono destinati a essere già degli sconfitti

di Januaria Piromallo

Lo sapevate che Eduardo De Filippo è il terzo drammaturgo più rappresentato al mondo? Dopo Shakespeare, of course. Tre fratelli, tre totem che hanno rivoluzionato il mondo del teatro, pionieri di quel neo/realismo che poi ha fatto scuola anche nel Grande Cinema. Quel cinema che nasce da una costola del Teatro e ritorna al punto di partenza. Per questo il sovrintendente Lissner (ex de La Scala) e il Direttore Generale Emmanuela Spedaliere hanno aperto le porte del Teatro San Carlo alla Prima de I Fratelli De Filippo, e perché qui ci fu la prima rappresentazione di “Napoli Milionaria”, alla fine della guerra. Fame e povertà a braccetto, ma fu la commedia del riscatto. Anche adesso aleggia lo stesso spirito d rinascita post-pandemia. I tre fratelli, figli illegittimi di Eduardo Scarpetta, altro monumento del Novecento, sono destinati a essere già degli sconfitti. Rapporti avvelenati in famiglia. Sulla carta d’identità leggono l’infamia di figli n.n. da parte di padre. La madre Luisa da loro il cognome e una forza di volontà da appicciare il Vesuvio. Che fa esclamare a Scarpetta ( un grandioso Giancarlo Giannini): “Io non ti ho dato il cognome, ma tu mi hai rubato l’arte”. Vero, leggenda da dietro les coulisses? Aneddoti come quello in cui I De Filippo nel 1943 aiutarono Totò a sfuggire all’arresto ordinato per le sue imitazioni del duce fatte in privato e solo larvatamente in scena. Totò fu il primo a credere nel talento straordinario di Titina, che muoveva i primi passi nell’avanspettacolo. Eduardo invece abbandona il teatro dialettale e si trasferisce a Milano, dura poco. Poi l’umiliazione di essere scritturati dalla compagnia del cugino/fratellastro Scarpetta che però gli nega la visibilità del nome sui cartelloni. Poi arriva anche la stagione dei fischi e dei pomodori marci lanciati addosso. A questo punto il bivio: perseverare o mollare tutto: “ Vogliamo restare per tutta la vita quelli che a casa Scarpetta non è concesso prendere l’ascensore? (L’ascensore ai quei tempi era il massimo dello status sociale), gli urla in faccia Eduardo, costretto a firmare cambiali per finanziare la sua prima compagnia “umoristica” teatrale. Da copione sappiamo come va a finire. Il film si ferma qui al successo di Natale in Casa Cupiello, la programmazione lo voleva per una settimana, andrà in scena per sei mesi. Poi la Grande Scissione, Peppino insofferente al carattere di Eduardo, genio intrattabile, prende la sua strada. Si racconta di un attore che ebbe un momento di confusione in scena, Eduardo fermò tutto e lo obbligò a ricominciare daccapo, sotto lo sguardo attonito della sala gremita. Come ricordano le didascalie. Titina i rimarrà nella compagnia del fratello, il quale molti, molti anni dopo sarebbe diventato senatore a vita. Oggi il defilippismo si studia anche a scuola. Pronto già il sequel, in tempi di serialità?

Applausi a scena aperta per gli attori, non sono facce note (il regista Sergio Rubini ha vinto pure ‘sta scommessa) ma talentuosissimi: Mario Autore, Domenico Pinelli, Anna Ferraioli Ravel. Al montaggio, ruolo fondamentale per dare ritmo, il bravissimo Giogiò Franchini. Diceva Mario Monicelli: ”Esistono filmoni e film del ca…o”, questo appartiene alla prima categoria”.

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