Un’altra sentenza per Nicola Cosentino, l’ex coordinatore del Pdl in Campania. In appello è stato assolto dall’accusa di diffamazione. Aveva definito i collaboratori di giustizia “camorristi schifosi che hanno da scontare ergastoli e puntano a salvare i proprio patrimoni“. La frase, pronunciata dall’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, spinse l’ex camorrista diventato collaboratore di giustizia, Michele Frongillo, ex esponente di spicco del clan camorristico Belforte di Marcianise, a denunciare.

La VI sezione della Corte di appello di Napoli ha assolto Cosentino con la formula del “non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità”. Il processo, secondo i magistrati, non si sarebbe dovuto tenere, visto che Frongillo non poteva considerarsi parte lesa; la Corte ha così condiviso l’impostazione degli avvocati di Cosentino (Agostino De Caro ed Elena Lepre), così come ha fatto la Procura Generale di Napoli, che aveva chiesto l’assoluzione di Cosentino il quale pronunciò quella frase il 15 gennaio 2013, nel corso di una conferenza stampa. In primo grado, nel dicembre 2016, Cosentino era stato condannato dal giudice del tribunale di Napoli Marco Occhiofino a duemila euro di multa e al pagamento dei danni morali da liquidarsi in sede civile.

I guai giudiziari di Cosentino però sono tanti. Lo scorso 21 luglio scorso è stato condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa nell’appello del processo Eco4. Il 29 settembre 2020 al processo “Il principe e la scheda ballerina“, si era concluso con l’assoluzione. Ma ancora prima l’ex coordinatore campano di Forza Italia era stato assolto (in via definitiva) anche nel processo cosiddetto “Carburanti“. Cosentino, inoltre, ha anche subìto una condanna definitiva a 4 anni per aver corrotto un agente della polizia penitenziaria mentre era detenuto. Infine, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta “P3”, Cosentino è stato condannato a 10 mesi non per i reati connessi all’associazione a delinquere ma per diffamazione e violenza privata nei confronti dell’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro.

Nello specifico, l’ex sottosegretario è stato assolto nel processo d’appello “Il principe e la scheda ballerina” dall’accusa di tentativo di reimpiego di capitali illeciti, con l’aggravante mafiosa, in relazione alla costruzione di un centro commerciale (mai edificato) voluto dal clan dei Casalesi a Casal di Principe (in primo grado Cosentino era stato condannato a 5 anni dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Nelle motivazioni alla sentenza di assoluzione, i giudici hanno evidenziato che Cosentino non aveva interesse a realizzare il centro commerciale, mentre le ricostruzioni dei collaboratori di giustizia (fra i quali Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone) sono state giudicate generiche, non riscontrate e in molti casi smentite in dibattimento.

Nel giugno del 2019, poi, Cosentino è stato assolto dalla Cassazione (che ha rigettato il ricorso della procura generale) nell’ambito del processo “Carburanti”. In questo caso l’ex sottosegretario era alla sbarra insieme ai fratelli Giovanni e Antonio e ad altri imputati, accusati a vario titolo di estorsione e concorrenza illecita aggravati dalle modalità mafiose. I fatti facevano riferimento all’azienda di famiglia dei Cosentino, l’Aversana Petroli. Nell’ottobre del 2018 già la Corte d’Appello di Napoli lo aveva assolto, mentre in primo grado Cosentino era stato condannato a 7 anni e sei mesi di carcere.

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