L’accesso a un ambiente pulito e sano è un diritto fondamentale. Lo ha stabilito l’8 ottobre il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite con un consenso quasi unanime, nonostante le critiche di alcuni Paesi (in particolare Stati Uniti e Gran Bretagna). Secondo David Boyd, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente, si tratta di “una svolta storica, in un mondo in cui la crisi ambientale globale provoca più di nove milioni di morti premature ogni anno”.

Il testo, proposto da Costa Rica, Maldive, Marocco, Slovenia e Svizzera, è stato approvato con 43 voti favorevoli e 4 astenuti da Russia, India, Cina e Giappone. La Gran Bretagna, che è stata tra i critici della proposta negli ultimi negoziati, ha alla fine votato a favore. Il suo ambasciatore alle Nazioni Unite a Ginevra, Rita French, ha fatto sapere che il Regno Unito ha votato “sì” perché condivide l’ambizione di affrontare il cambiamento climatico. Gli Stati Uniti invece non hanno votato perché al momento non fanno parte dei 47 membri che compongono il Consiglio. L’ambasciatore del Costa Rica, Catalina Devandas Aguilar, ha definito la decisione Onu come “un messaggio potente alle comunità di tutto il mondo alle prese con le difficoltà climatiche che non sono sole”. Secondo alcuni ambientalisti, la precedente posizione critica della Gran Bretagna stava diventando un problema in vista in vista della Cop26, la conferenza globale sul clima che ospiterà a Glasgow in novembre. John Knox, ex relatore speciale delle Nazioni Unite, prima del voto ha dichiarato che i detrattori della risoluzione erano “dalla parte sbagliata della storia”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima circa che 13,7 milioni di decessi all’anno – il 24,3% del totale mondiale – siano dovuti a rischi ambientali come l’inquinamento atmosferico e l’esposizione a sostanze chimiche.

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