Quasi 15 ore di lavoro al giorno per 900 euro, sette giorni su sette. Per i più fortunati il turno comincia alle 7.30 e finisce alle 19 con una pausa pranzo “giusto il tempo di mangiare” ma una paga che supera i 1000 euro. Il giorno libero? “Solo se ti metti d’accordo con i colleghi, magari lunedì che c’è meno gente”. Sono alcune delle voci raccolte da ilFattoQuotidiano.it lungo gli stabilimenti balneari della Playa di Catania, dopo le inchieste in Romagna (PUNTATA 1) e in Versilia (PUNTATA 2). Un pezzo di costa in cui è quasi impossibile trovare una spiaggia libera e in cui i lidi si susseguono uno dopo l’altro. Le offerte di lavoro che vengono prospettate agli stagionali, tutte riprese con telecamera nascosta, rendono uno spaccato fatto di turni massacranti, assenza di tutele e pagamenti sottobanco.

Per effettuare un colloquio basta presentarsi negli stabilimenti. Gli annunci online sono pochi anche perché i posti da bagnino, manutentore, cameriere e lava piatti sono quasi tutti occupati. A una lunga serie di “le faremo sapere” c’è in realtà una certa attenzione per chi è munito di brevetto di salvataggio e corso per il primo soccorso con defibrillatore. Non è un mistero che tutte le ore di lavoro non possano essere inquadrate in un contratto. “Lo possiamo fare, anche minimo, perché se fanno un controllo che gli diciamo?”, risponde il titolare di un lido. “Le ore non posso figurare tutte – aggiunge – altrimenti dovresti lavorare otto ore”, praticamente impossibile.

Da queste parti a quanto pare lo spartito è stato sempre questo con pratiche che in diverse attività si tramandano ormai da anni, come racconta un ex lavoratore stagionale. “Ho lavorato negli stabilimenti balneari per dieci anni – racconta – venivo pagato in nero. Il fine settimana soldi contanti e via. È capitato che hanno fatto controlli e multe ma poi, alla fine, con l’amicizia si risolve tutto”. Il problema dei controlli viene inquadrato dalla segretaria regionale della Filcams-Cgil Sicilia, Monja Caiolo: “I controlli sono veramente pochi. Questo perché in Sicilia abbiamo un numero irrisorio di ispettori del lavoro. Molto spesso i controlli non sono approfonditi e vengono fatti a macchia di leopardo. In più a volte ai datori di lavoro viene data la possibilità di regolarizzare i contratti, senza che vengano sanzionati“. Per Caiolo “il lockdown e l’impossibilità di lavorare a causa della pandemia hanno dato maggiore consapevolezza alle persone, che ora con più difficoltà accettano condizioni di lavoro assimilabili al caporalato. Il problema è che i datori di lavoro, insieme ai media, hanno costruito una sorta di narrazione secondo cui i giovani non avrebbero voglia di lavorare e si nasconderebbero dietro al reddito di cittadinanza. Ma non è così, anche perché la stra grande maggioranza di giovani vive coi propri familiari e non può accedere al reddito”.

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