“Noi lavoravamo sul contrasto alla violenza contro le donne e sui diritti umani, i nostri attivisti sono quindi molto esposti“. Lo racconta Silvia Ricchieri, cooperante dell’ong Cospe, impegnata in attività di cooperazione e sviluppo, in un’intervista all’Ansa. “Abbiamo deciso di andarcene nel 2018, perché era sempre più difficile lavorare per la democratizzazione. Oggi i nostri attivisti ci raccontano dalle province che i talebani prendono le bambine e donne nubili dagli 8 anni in su per farle sposare con i combattenti, le obbligano ad uscire con il volto coperto e le fustigano se escono da sole. Non sono cambiati“. L’ong, come altre organizzazioni umanitarie, sta stilando una lista di persone da evacuare. Il problema è che raggiungere l’aeroporto di Kabul è sempre più difficile: “Devono superare le forche caudine dell’aeroporto controllato dai talebani dove è una roulette russa: o riesci a passare o finisci ammazzato in una sparatoria”.

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Afghanistan, le donne in lotta che sono rimaste fuori dai nostri radar

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“Dopo le conquiste si rischia di perdere tutto. Ma le ostetriche afghane vogliono continuare a lavorare”. Il racconto dal centro maternità di Emergency nel Panshir che resiste ai talebani

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