Con la recente votazione di Giuseppe Conte a presidente del Movimento 5 Stelle, si scriverà una nuova pagina della nostra politica che, nata dal nulla, ora è al governo del Paese. Dimostrazione vivente che la forza del cambiamento non è arrestabile se si persegue, con convinzione e determinazione, il bene comune.

Al M5s, pur commettendo errori sovente di inesperienza, va riconosciuto il merito di aver stravolto l’agenda politica italiana imponendo, grazie alla visione di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, temi legati all’etica, alla giustizia sociale, all’ambiente e alla modernizzazione culturale di un Paese ostaggio di un’élite che ne ha frenato per troppi anni l’evoluzione.

La grande forza del M5s è stata quella di avere una visione e declinarla, passo dopo passo, nella realtà. Oggi, l’obiettivo di lungo periodo è il 2050. Ma questo traguardo va raggiunto per step, coinvolgendo tutte quelle forze culturali, sociali e politiche che percepiscono che siamo giunti a un bivio storico. La pandemia ha palesato che siamo alla fine di un’epoca storica inaugurata con la Rivoluzione industriale e che sta terminando con la finanziarizzazione dell’economia. L’accumulazione delle ricchezze gestite da poche persone, l’irreale presunzione di poter crescere in maniera infinita in un pianeta dalle risorse finite e la folle idea di estendere uno stile di vita insostenibile all’intero pianeta equivale a inaugurare una stagione di guerre e catastrofi ambientali.

L’intera comunità scientifica oramai da anni ci informa che, se continuiamo a gettare nell’atmosfera gas climalteranti, le temperature in questo secolo potrebbero aumentare fino a 5°C. Le inondazioni e gli incendi a cui abbiamo assistito di recente sono solo un leggero antipasto di quello che potrebbe accadere nel prossimo futuro. Occorre avere contezza che il paradigma culturale ed economico che ha dominato i nostri tempi non può avere più futuro.

È indispensabile transitare in una nuova idea di società e il primo seme va piantato nelle scuole, insegnando agli studenti non a essere dei competitor, ma dei cittadini sovrani in grado di vivere in comunità, perché la vera sfida da vincere è culturale, prima che economica. Occorre fortificare quei legami sociali recisi con diabolica precisione al fine di separare i cittadini per trasformarli in consumatori solitari e obbedienti.

Un ruolo fondamentale lo deve svolgere lo Stato, inteso non come entità burocratica e astratta, ma come comunità che ha il compito di perseguire il bene comune agevolando la transizione, prendendosi cura dei più fragili. Un esempio è la misura dell’eco-sisma bonus che sta convertendo le nostre abitazioni rendendole più sostenibili dal punto di vista energetico e più sicure in caso di terremoti. Inoltre, l’indotto positivo per un settore come quello edilizio da anni in grave crisi è indiscutibile.

In questa fase di transizione serve del tempo affinché nuovi lavori possano germogliare e sostituire quelli che a breve saranno superati dalla robotizzazione. Oggi la maggior parte dei cittadini è succube del salario, senza di esso si è condannati all’oblio sociale e a una guerra tra poveri, tra autoctoni e immigrati, tesa ad abbassare il costo del lavoro. In tal contesto, il Reddito di cittadinanza è una misura vitale, di certo migliorabile, ma non da eliminare come propugnato da alcuni politici vittime di una sorta di sindrome di Robin Hood alla rovescia.

Il lavoro deve essere al servizio dell’uomo e non viceversa ed è indispensabile tener presente che il nostro più grande patrimonio da non dissipare è il tempo, che va usato per tessere relazioni con il prossimo e con se stessi e non, invece, sprecato solo per produrre al fine di acquistare dosi crescenti di oggetti che non potranno mai appagare la propria esistenza. Un obiettivo deve essere un salario minimo, una riduzione dell’orario del lavoro e soprattutto un grande piano di investimenti che possa fermare la quotidiana strage dei lavoratori.

I cambiamenti in atto sono evidenti anche in geopolitica: da un mondo unipolare post caduta del muro di Berlino siamo, oramai, in un sistema multipolare. Il nostro Paese deve avere una postura internazionale legata ai nostri valori occidentali di appartenenza, ma non succube di anacronistiche tensioni che si potevano avere durante la guerra fredda. Al sovranismo fine a se stesso della destra e alla sudditanza psicologica di altre forze politiche, l’Italia deve riscoprire un sano patriottismo. Un patriottismo in grado di perseguire il proprio interesse, come del resto fanno i nostri partner europei, con quelle realtà emergenti che possono garantire relazioni culturali e commerciali importanti. Anche in questo ambito il M5s, con il nostro ministro degli Esteri Luigi di Maio, sta realizzando egregi risultati con le esportazioni delle nostre eccellenze nel mondo.

Ci aspettano molteplici sfide che bisogna affrontare con entusiasmo e determinazione, coinvolgendo tutti avendo come riferimento una grande bussola che ci è stata donata e a cui, specie in questo tempo, bisogna attingere: la Costituzione. I valori costituzionali sono rocce su cui costruire il futuro evitando che ci possano essere rigurgiti del passato che, purtroppo, sono crescenti nel nostro Paese e non solo.

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