Da una settimana ha riaperto la discarica nel comune di Albano Laziale, in provincia di Roma, che per 180 giorni – come previsto da un’ordinanza sindacale urgente della Città metropolitana – accoglierà i rifiuti della Capitale. Dal canto suo il sindaco della cittadina, Massimiliano Borelli, ha pronta una denuncia per danno ambientale basata sui dati dell’Arpa (l’Agenzia regionale protezione ambiente) che rivelavano, già a giugno scorso, un superamento dei livelli massimi di contaminazione consentiti per legge nel sottosuolo. Intanto l’imminente chiusura della discarica di Civitavecchia – prevista per il 15 settembre – potrebbe generare un’altra emergenza nella Capitale e per questo il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, ha convocato una riunione affinché gli attori coinvolti, enti locali e aziende, si accordino sulle soluzioni da intraprendere: tra le ipotesi sul tavolo un aumento dei quantitativi di scarti che vengono trasferiti fuori regione.

Il solo sito di Albano infatti non è sufficiente a smaltire le montagne di rifiuti accumulati lungo le strade e attorno ai cassonetti della Capitale, soprattutto con l’imminente chiusura di Civitavecchia. A oggi nell’impianto, che ha una capienza di 84mila tonnellate nel settimo invaso, stanno arrivando soltanto 300 tonnellate al giorno circa di scarti, a fronte delle 1.100 previste. Questo perché la discarica può accogliere soltanto rifiuti trattati, e infatti era chiusa da quando, nel 2016, l’impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) al suo interno finì distrutto in un incendio. Una situazione che per la sindaca, Virginia Raggi, dipende dalla “incapacità della Regione Lazio di assumersi responsabilità”. Il piano rifiuti della Regione Lazio “è un problema che ciclicamente torna all’attenzione”, ha ribadito oggi Raggi nel corso del consiglio metropolitano straordinario sul tema. “Dal piano rifiuti della presidente Polverini del 2012, la Regione Lazio ha atteso nove anni per farne uno nuovo, e nel mentre non ha autorizzato neanche un impianto, anzi gli impianti li ha chiusi”, ha attaccato.

Il primo cittadino di Albano Laziale, Massimiliano Borelli, però – al di là di colpe e responsabilità di uno o dell’altro ente – continua la sua battaglia legale. Così, dopo aver visionato i dati interni dell’Arpa di giugno del 2021 ha fatto sapere di essere pronto a presentare una denuncia formale contro la Città metropolitana. “Arpa ha segnalato che i livelli degli inquinanti e contaminanti sono veramente alti. Non posso far altro che annunciare una denuncia penale riguardo quella che è la condizione ambientale del mio territorio”, ha detto Borelli in aula. Il consiglio metropolitano, tuttavia, si è concluso con un nulla di fatto. L’ordine del giorno, che tra le altre cose impegnava Raggi a chiudere definitivamente la discarica di Albano Laziale, è stato bocciato: i voti favorevoli del centrosinistra non sono bastati, hanno votato contro i consiglieri del M5s e si sono astenuti quelli del centrodestra, in polemica sia con il Campidoglio che con la Regione Lazio.

Nel pomeriggio di lunedì, in una riunione in videoconferenza durata oltre due ore, il prefetto Piantedosi si è trovato quindi due nodi da sciogliere. Da un lato la chiusura del sito di Civitavecchia, dall’altro lato la necessità di aumentare le tonnellate di rifiuti trattati in Tmb per consentire l’uso pieno della discarica di Albano Laziale. Sul primo punto, nel corso della riunione a cui ha preso parte anche la sindaca Raggi, è emersa l’ipotesi che Ama possa aumentare i quantitativi di rifiuti che oggi vengono esportati fuori regione. Sul secondo punto sempre Ama ha auspicato che si possano superare le criticità che oggi non permettono di trattare quasi 1.000 tonnellate settimanali di scarti negli impianti della Toscana e di Napoli, come previsto da gare già svolte. Lo stesso amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis, aveva infatti fatto sapere in una lettera al prefetto che all’appello mancava il trattamento in Tmb di 500 tonnellate settimanali in impianti toscani e 450 tonnellate settimanali in Tmb partenopei. Su tutto questo, però, pesa un’incognita: ai primi di settembre, infatti, è attesa l’udienza del Tar che prenderà in analisi le istanze presentate dal sindaco di Albano Laziale (tra questi i dati sull’inquinamento delle falde acquifere che servono le abitazioni limitrofe alla discarica), e un nuovo e diverso corso potrebbe essere scritto dai giudici del tribunale amministrativo del Lazio.

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