“Un accordo storico”. Così il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha presentato nella conferenza stampa al termine della prima giornata del G20 sull’ambiente, il documento prodotto nel corso del meeting napoletano dei ministri. Il comunicato, ha spiegato il titolare del nuovo dicastero del governo Draghi, “è particolarmente ambizioso e individua 10 linee di intervento che riflettono la visione del Pnrr italiano. Soluzioni naturali per il clima, lotta al degrado del suolo, sicurezza alimentare, uso sostenibile dell’acqua, tutela degli oceani, lotta alla plastica in mare, uso sostenibile e circolare delle risorse, città sostenibili, educazione, finanza verde. È la prima volta che queste categorie vengono riconosciute dal G20 e diventano vincolanti”. E sulla decarbonizzazione: “Dobbiamo incentivarla nei Paesi in via di sviluppo”.

Anche alla vigilia non si temevano particolari frizioni tra i governi partecipanti, a differenza di domani, quando la discussione si sposterà sull’emergenza climatica, un tema su cui, invece, si è fatto fatica a trovare un punto d’incontro fino alle ultime ore prima del summit. Anche sul documento prodotto per la prima giornata, Cingolani ha voluto specificare che “c’è stato un lavoro incessante da febbraio. Abbiamo lavorato tutta la notte, abbiamo mediato fino all’ultimo e lo abbiamo completato a venti minuti dalla fine della sessione”. Il documento finale “è stato condiviso non solo dai Paesi europei, ma anche dagli altri. Abbiamo messo a confronto Paesi che condividono i target di decarbonizzazione, ma non il modo e i tempi per arrivarci“. Per il ministro “il G20, che rappresenta l’80% del Pil mondiale e l’85% delle emissioni di gas serra, ha indicato i punti che andranno sviluppati alla Cop26 di Glasgow” a novembre.

Il ministro si sofferma sul tema della decarbonizzazione, sottolineando che lo sguardo deve essere rivolto innanzitutto ai Paesi in via di sviluppo che sono ancora troppo dipendenti dalle risorse inquinanti per produrre energia, mentre in Europa si sono già fatti passi avanti: “L’Accordo di Parigi prevede un fondo da 100 milioni di dollari per la decarbonizzazione ai Paesi in via di sviluppo, ma siamo arrivati solo a 60″, ha detto. Secondo il ministro “la finanza verde deve muoversi in questo senso. Non è solo una questione di soldi, ma anche di cessione di tecnologie”. E ha proposto che “alcuni player facciano utilizzare certe tecnologie gratuitamente per un certo tempo”.

Continuare a investire nella decarbonizzazione in Europa è importante, ma il ministro ricorda che il Vecchio Continente “produce solo il 9% della Co2. Ha un’ottima leadership nello sforzo, ma non basta. Se altri Paesi non aderiscono, le loro emissioni compensano i nostri tagli, il sistema salta e noi intanto ci siamo svenati”. Secondo Cingolani “dobbiamo decarbonizzare, ma con una geopolitica favorevole. Dobbiamo riequilibrare i rapporti internazionali per evitare che noi produciamo prodotti green più costosi, ma poi altri Paesi ci fanno concorrenza con prodotti che non rispettano l’ambiente”. Parole che sembrano seguire la proposta dell’Unione europea di una border carbon tax, una tassa che colpisca con dazi tutti quei prodotti provenienti da Paesi che non stanno mettendo in campo misure sufficientemente aggressive per ridurre le proprie emissioni di carbonio.

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