Le mascherine per gli studenti non cambiano. Gli undici milioni di dispositivi di protezione individuale, distribuiti ogni giorno nelle scuole, utilizzate solo da una minoranza di alunni perché considerate fastidiose e inadatte, non possono modificare forma e nemmeno misura. A dirlo è la struttura del commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo. Il generale nominato dal premier Mario Draghi, spiegano i suoi uomini, ha le mani legate da un contratto stipulato dal suo predecessore, Domenico Arcuri, con Fca (Fiat Chrysler Automobiles) dal mese di luglio 2020 a settembre 2021.

A nulla sono valse le proteste di molti genitori che hanno soprannominato i dispositivi “mascherine mutanda” per la mancanza di elastici da mettere alle orecchie. Inutile anche l’interrogazione del deputato leghista Roberto Turri che nello scorso mese di febbraio aveva scritto al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi spiegando: “Le mascherine che la popolazione scolastica ha ricevuto e continua a ricevere si sono rivelate sempre o troppo piccole oppure troppo grandi, in molti casi prive del nasello metallico, dotate non di elastici da passare dietro le orecchie, bensì di lunghe fasce da tenere dietro la testa con il risultato che in più di otto casi su dieci non vengono utilizzate: spesso vengono buttate, oppure accantonate perché scomode”.

Ai tempi il professor Bianchi rispose che avrebbe fatto “un approfondimento specifico”. Dopo tre mesi a viale Trastevere non dicono altro che “ci siamo affidati al commissario”. Risultato? Le mascherine targate Fca che nella maggior parte delle classi gli studenti non indossano “perché scomode” continueranno ad essere prodotte: “Non ci sono motivazioni per sospendere il contratto”, spiegano gli uomini del generale.

Figliuolo in queste settimane ha cercato di ricostruire la vicenda: il contratto stipulato da Arcuri con Fca riguarda il comodato d’uso di alcuni macchinari e di alcune materie prime. Un’altra parte parla dell’approvvigionamento delle mascherine che al contribuente costano otto centesimi l’una. La questione sollevata da molti genitori che si sono ritrovati ad avere a che fare con mascherine troppo grandi o troppo piccole non cambierà perché non è prevista a contratto: sulla carta vi sono solo due misure. Altro problema: nel contratto non è stabilita alcuna sospensione della produzione per i periodi in cui la didattica in presenza è interrotta: le mascherine continuano ad essere distribuite nelle scuole.

Un incessante lavoro che ha costretto le Poste (distributrici dei dispositivi) a immagazzinare migliaia di mascherine e anche gli istituti ad accumulare scatoloni. Gli stessi presidi non sanno più cosa fare. Gli uomini di Figliuolo sanno che molti dirigenti hanno deciso di buttar via i dispositivi e altri di donarle ad associazioni di volontariato che ne hanno necessità. Tuttavia, ufficialmente, non risulta che qualche scuola non le abbia volute. Impossibile, invece, pensare di cambiare modello o di introdurre delle misure specifiche per ogni età: sarebbe necessario interrompere la produzione e l’operazione costerebbe più di un milione. “Figluolo – spiegano dalla sua squadra – è salito su un treno in corsa e non poteva fare molto”.

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