Condannato per usura, considerato vicino a esponenti di spicco della mafia tortoriciana, sottoposto oggi a confisca di beni per 8 milioni di euro. Si tratta di Nunzio Ruggeri, imprenditore nebroideo (di Naso ma operante su tutto il territorio) impegnato nello smaltimento di pellame e ossa, nella macellazione di bestiame, colpito da sequestro già nel 2018 e oggi da misura di confisca, a seguito delle indagini della Dia di Messina, diretta da Giusi Interdonato.

Un imprenditore che non amava avere concorrenti: “Aveva chiesto che fossero incendiati i mattatoi di Sinagra, Barcellona Pozzo di Gotto e Giammoro”, cioè dei suoi competitor sul mercato, “impegnandosi, nel contempo, a versare lire 50.000.000 all’organizzazione mafiosa”, il tutto tramite Carmelo Armenio, referente del gruppo di Brolo, sempre sui Nebrodi. Addirittura 50 milioni da versare nelle tasche dell’organizzazione mafiosa pur di azzoppare i concorrenti sul mercato, così aveva raccontato il collaboratore di giustizia Santo Lenzo nel 2002. Nel 2009, invece è diventata definitiva una condanna per usura che però non sembra abbia rallentato l’attività economica di Ruggeri, che nel frattempo, anzi, accresceva il suo patrimonio.

Gli uomini della Dia hanno registrato un grande flusso di contanti nelle casse della società di Ruggeri. Un incremento di ricchezza dell’imprenditore nebroideo che destava sospetti. E andando a guardare più da vicino, gli investigatori hanno accertato che non aveva dichiarato redditi sufficienti a giustificare le sue smisurate disponibilità economiche, acquisite secondo gli investigatori dall’attività di usura che continuava nonostante la condanna definitiva. Un patrimonio accumulato anche ricorrendo all’intestazione di beni ai propri familiari.

Oggi la confisca di un patrimonio calcolato dalla Dia in 8,2 milioni di euro. Dopo l’apertura del maxi processo per le truffe all’Unione europea grazie all’intestazione fittizia dei terreni, arriva oggi una misura che frena un flusso economico ingente che confluiva nelle società di un imprenditore considerato uno dei maggiori usurai dei Nebrodi e vicino ai vertici della mafia tortoriciana, quella cioè alla sbarra dallo scorso martedì.

“A riprova che il territorio del distretto di Messina è potenzialmente ricchissimo e quest’opportunità prima dell’economia legale la sanno cogliere benissimo le mafie cercando di intercettare tutta la ricchezza”. Così commenta il capo della procura di Messina, Maurizio De Lucia, nella settimana che si è aperta con il maxi processo alla mafia nebroidea per le truffe agricole e si chiude con la confisca ad un usuraio considerato vicino ai vertici mafiosi di quel territorio. E aggiunge: “Si pensi che durante le indagini del processo Nebrodi, abbiamo scoperto casalinghe del territorio con conti in Lituania o in Romania e proprietà sparse in tutta Italia, elementi che testimoniano che ci troviamo di fronte ad una mafia intelligente e moderna”. Una mafia svelta a capire le potenzialità, ma lo Stato è presente: “La risposta che stiamo tentando di dare all’infiltrazione economica – ha continuato De Lucia – è soprattutto volta ad attaccare i loro patrimoni, così come testimonia anche la confisca di oggi. Il nostro obiettivo è sempre volto a togliere le ricchezze, così come previsto dalla legislazione dall’82 in poi, con la legge voluta da Pio La Torre. Va tutto verso l’impoverimento dei mafiosi. Tutto questo, tuttavia, in una situazione di risorse molto problematica per il distretto di messinese”.

Articolo Precedente

Camorra, ergastolo per i killer di Nocerino: l’omicidio da “western metropolitano” che spaccò gli equilibri tra i clan di Napoli

next